«È un mondo difficile», avrebbe cantato Cat Stevens. Per le banche europee, e soprattutto italiane, il 2013 sarà irto di ostacoli. Gli operatori, infatti, iniziano già a interrogarsi su come «armonizzare» il proprio portafoglio selezionando i migliori titoli del comparto.
Alla fine la stella polare è sempre la capacità di produrre utili. Ma come può un istituto di credito guadagnare quando il mondo intorno sta andando in pezzi? Innanzitutto, sarebbe erroneo ritenere che una stabilizzazione definitiva della crisi da spread possa essere raggiunta solo attraverso l'intervento della Bce, prima attraverso le aste di rifinanziamento a lungo termine e in seguito con l'istituzione dell'Omt (l'acquisto di bond a breve scadenza di Stati in difficoltà; ndr).
Anzi, la Bce è parte del problema: l'aver tenuto i tassi a un livello basso per non bloccare la poca liquidità rimasta rende più problematico lavorare sui margini e guadagnare sugli interessi. Ad esempio, spiega Morgan Stanley in un recente report, il risultato operativo prima di accantonamenti e svalutazioni degli istituti italiani negli ultimi 4 anni è calato complessivamente del 30% e nel 2013 il trend proseguirà anche se la flessione sarà marginale perché si compenseranno i minori ricavi con un taglio dei costi (a partire dalla chiusura delle filiali in eccesso e la riduzione della forza lavoro; ndr).
In secondo luogo, «Basilea III» aggrava una situazione di per sé non ottimale. Sempre per restare in Italia, solo le big come Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno già «pompato» il proprio Core Tier 1 sopra la soglia del 10% e ormai viaggiano spedite verso l'11% possono dormire sonni più o meno tranquilli ( Ubi, Banco e Mps sono comunque in regola). Per tutte le altre (incluse grandi realtà come Ing e Hsbc) migliorare quei ratio significa ridurre gli attivi ponderati per il rischio, cioè sbarazzarsi dei crediti per evitare potenziali sofferenze. Mettersi in regola con le nuove norme, infatti, richiede un notevole assorbimento di capitale. La conseguenza è che la possibilità di erogare prestiti alle imprese sarà più ridotta, anche in virtù dei nuovi parametri di valutazione dell'affidabilità di ogni singola azienda. Ecco perché un rinvio delle nuove norme sarebbe una boccata d'ossigeno. A chiudere questo cerchio «infernale» è sempre l'Ue. Si potrebbe pensare che la vigilanza bancaria unica e l'Omt pongano tutti allo stesso livello.
Non è così, ribatte Morgan Stanley. Sul mercato si sconta già un effetto «balcanizzazione» e chi proviene dai Paesi più «forti» come Deutsche Bank o Bnp Paribas viene giudicato più affidabile (soprattutto sul mercato interbancario). La Germania, poi, ha già messo le mani avanti.
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