Telecom, H3g chiede la maggioranza

Telecom, H3g chiede la maggioranza

Sei ore di consiglio d'amministrazione per decidere se proseguire le trattative con i cinesi di Hutchison Whampoa per una possibile integrazione con «3Italia» e anche per realizzare la separazione societaria della rete di tlc. Alla fine il presidente Franco Bernabè ha spuntato un mandato esplorativo sulla fattibilità dell'operazione, ma affiancato da tre consiglieri Telecom. La procedura è motivata dal carattere dell'operazione che avrebbe ricadute sia su Telecom sia su Telco. Infatti nel comunicato finale si legge che Hutchison Whampoa condiziona l'operazione all'acquisizione di quote azionarie tali da «diventare l'azionista di riferimento della società».
I consiglieri che affiancheranno Bernabé sono Julio Linares (Telefonica), Elio Catania (Intesa Sanpaolo), Gabriele Galateri (Generali) e l'indipendente Luigi Zingales. Avranno a disposizione due settimane di tempo per predisporre una due diligence di «3» e presentarla al board. I margini di manovra per il management sono molto limitati e di fatto Bernabè ha accettato di sottoporsi a una sorta di controllo. Tuttavia non c'è un'univocità di posizioni all'interno di Telco e alla freddezza di alcuni (Mediobanca-Generali) fa da contraltare l'atteggiamento valutativo di altri (Intesa e anche Telefonica), circostanza che comunque non presuppone fideismo verso Bernabè. Ieri i consiglieri sono usciti dalla riunione alla spicciolata. Tra i primi, dopo circa due ore dall'inizio, Gaetano Micciché. Verso le 13 Galateri e Tarak Ben Ammar, seguiti dagli spagnoli, César Alierta e Linares, quindi da Renato Pagliaro e Massimo Egidi. Segno evidente che non tutti hanno lo stesso feeling.
Mediobanca, ma anche altri, ritengono Bernabè troppo indipendente dopo il blitz sulla vendita di La7. Questa volta, comunque, a differenza di quanto avvenne con la proposta di Naguib Sawiris, la trattativa va avanti anche perché l'interlocutore cinese, il gruppo Hutchison, è certamente considerato più affidabile. È, comunque, una missione difficile, dato che Hutchison ha già dichiarato di voler arrivare a una quota di controllo di Telecom, senza però avere l'obbligo di Opa. Cioè fermandosi al 29,9 per cento.
Le ipotesi sono molteplici. Quella prevalente vedrebbe, in caso di fusione per incorporazione, una quota per Hutchison in Telecom non superiore al 10% (i cinesi dovrebbero sottoscrivere nuove azioni a un valore di 1,2 euro, il prezzo di carico attuale per Telco). Un'altra possibilità sarebbe il conferimento, tramite un aumento di capitale dedicato. Telco, che ha il 22,4%, si diluirebbe così al 20. Successivamente Hutchison potrebbe comprare le quote dei soci Telco che intendessero uscire. Ma per Banca Akros difficilmente Hutchison accetterà una valutazione bassa per «3», che ha 9,5 milioni di clienti, e cioè 1,6 miliardi di euro. Già nel 2011, infatti, si era parlato di una possibile fusione tra Telecom e «3», ma in quel caso il prezzo richiesto era di 2,5 miliardi. Secondo gli analisti, inoltre, al prezzo di 1,6 miliardi sia Vodafone sia Wind potrebbero entrare in partita.
Analoga difformità di vedute permane sullo scorporo della rete. Se alcuni soci Telco lo considerano positivo per la conservazione dell'«italianità» (con eventuale intervento della Cdp), altri non sono in sintonia.

Per questo motivo hanno chiesto a Bernabè di presentare una valutazione precisa del network. Solo quando ci saranno «i numeri veri» si saprà quanto vale Telecom e se valga la pena privarla del suo asset principale. E ovviamente servirà anche un governo stabile.

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