La difesa dell'italianità è una «favola che non ha più senso», o meglio è una «autentica fesseria», utile soltanto a nascondere alcune «inefficienze nostrane»: il Paese deve «attrarre capitali, non alzare barricate». Le parole promunciate ieri dall'ad di Mediobanca, Alberto Nagel, sul passaggio di Telecom agli spagnoli di Telefonica, trasmettono il senso della svolta programmatica in atto a Piazzetta Cuccia e suonano come un salvacondotto. Mentre Nagel spiegava la ratio ai suoi soci riuniti in assemblea, a Roma il capo azienda di Telecom, Marco Patuano, stava illustrando al premier Enrico Letta il piano industriale della società di tlc. Oggi, a Palazzo Chigi, ci sarà César Alierta, capo di Telefonica e nuovo «padrone» di Telecom, a cui Letta chiederà di confermare investimenti e addetti.
Nagel, a supporto del proprio ragionamento internazionale, ha invitato a guardare a Ras (finita nelle mani di Allianz), a Bnl (di proprietà di Bnp Paribas) e al Nuovo Pignone con Ge. Indipendentemente se il 7 novembre il cda di Telecom varerà l'aumento di capitale (si dice 1,5-2 miliardi), Mediobanca è quindi da considerare in uscita dal suo libro soci «anche nel breve termine», ha chiarito Nagel. In Piazzetta Cuccia si ritiene infatti inutile un altro provvedimento tampone e si interpreta Telefonica come un nuovo motore industriale.
L'intesa che consegnerà ad Alierta la maggioranza della holding Telco, è «positiva per tutti gli azionisti, perché si è sbloccata una situazione di stallo», ha proseguito. Di certo il disimpegno della banca d'affari, di Intesa Sanpaolo e di Generali ha riacceso l'interesse sul titolo Telecom e spinto Marco Fossati a sondare i fondi e a chiedere la convocazione di un'assemblea per revocare i rappresentanti Telco. La contromossa potrebbero essere le dimissioni dei consiglieri per far cadere subito il board.
Prima di Nagel si era consegnato ai taccuini Tarak Ben Ammar: «Telefonica creerà ricchezza per se stessa e per tutti gli azionisti di Telecom», aveva assicurato il finanziere franco-tunisino che è in stretti rapporti con Sawiris. Basta, quindi, con i «processi alle intenzioni», «chi crede che soci italiani saranno schiavi degli spagnoli, si sbaglia», ha proseguito Ben Ammar, dicendosi «contrario» allo scorporo della rete allo studio del governo. Proprio la discesa in Telco ha aiutato Mediobanca a chiudere il trimestre con profitti in crescita del 57% a 171 milioni. Allo stesso modo, archiviata l'era della relazioni, Mediobanca conta di rientrare di una parte dell'esposizione con UnipolSai e potrebbe costituirsi parte civile nel processo torinese contro la famiglia Ligresti.
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