Toccata e fuga del presidente di Telefonica, César Alierta, ieri a Roma per incontrare il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Al faccia a faccia per parlare del futuro di Telecom Italia, durato meno di un'ora, sono seguite alcune dichiarazioni di buone intenzioni. Alierta promette, infatti, di mantenere l'occupazione, di fare investimenti sulla rete e non toccare l'italianità della società, senza però porre (pare) domande essenziali, come quella sulla legge, che il governo potrebbe varare, ma non in tempi brevi, sull'Opa obbligatoria in caso di controllo, di fatto, di una società. Il premier Letta, dal canto suo, pare non abbia chiesto nulla sul tema dello scorporo della rete, da sempre osteggiato dalla società spagnola.
Quello che invece appare certo è lo scontro che si sta consumando tra i soci forti di Telecom. Da un lato c'è Telefonica, pronta ad acquistare dai soci Telco (Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali) la maggiornanza della holding che controlla Telecom; dall'altra Marco Fossati, socio al 5%, impegnato a convogliare in voti, all'assemblea, lo scontento dei fondi di investimento. Dopo le dichiarazioni dell'ad di Mediobanca, Alberto Nagel, il quale ha difeso la cessione di Telco a Telefonica, specificando che «rappresenta una buona opportunità», Fossati ribatte: «I soci italiani di Telco e i loro relativi consiglieri presenti nel cda di Telecom dovrebbero avere la decenza di non fare dichiarazioni a favore di Telefonica, soprattutto in conseguenza della loro cessione alla stessa. Se fossero sinceri non avrebbero dovuto vendere la loro posizione, lasciando tutte le minoranze in balia degli spagnoli».
Secondo Fossati la questione non è «farsi comandare da stranieri o italiani, ma consegnare la società a gruppi che, realmente, hanno a cuore la valorizzazione di Telecom o a chi, opportunisticamente, fa i propri interessi, sborsando pochi denari e tenendo in minoranza l'85% dell'azionariato».
Fossati è inoltre favorevole alla modifica della legge sull'Opa. «I voti vanno contati e non pesati e bisogna evitare che ci sia qualcuno che controlla grandi società con pochi denari, utilizzando il classico sistema delle scatole cinesi. Queste persone hanno chiaramente tutto l'interesse di non vedersi modificare il sistema con una potenziale legge Mucchetti. Il sistema deve cambiare se vogliamo attirare più investimenti esteri».
Quanto all'incontro a Palazzo Chigi alcune fonti hanno definito come «interlocutorio» il colloquio tra Letta e Alierta, rimandando ulteriori valutazioni di governo in «sede collegiale». Molto scettici invece i sindacati. «Le parole di Alierta - ha detto Michele Azzola, della Cgil- sembrano una favola per bambini: quelle che si raccontano per tenerli buoni. Il problema, però, è capire dove vada Telecom. Il Paese ha bisogno di una moderna rete a banda larga, e per farla servono molti investimenti». Insomma, la buona fede di Alierta non ha convinto soprattutto i sindacati, ma certamente anche il governo, che teme per l'occupazione.
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