Con la cacciata di Enrico Cucchiani e la scelta di Carlo Messina, Giovanni Bazoli ha riportato Intesa Sanpaolo nel solco lasciato due anni fa dalla gestione Passera, confermando il modello della «banca di sistema». La crisi e la fine dei salotti impongono però a Ca' de Sass di trovare un nuovo punto di equilibrio e di proseguire sul percorso che porterà alla probabile rottamazione della governance duale. Il dossier potrebbero finire già oggi all'attenzione dei consigli, che restano convocati. Ieri, invece, c'è stato un consulto tra le Fondazioni.
Le linee guida della «nuova» Intesa sono abbozzate, sotto il velo della formalità, nello stesso comunicato: a Messina è chiesto «un maggior grado di incidenza sulle dinamiche operative» e un serrato «raccordo delle azioni strategiche e gestionali». Il nuovo ceo dovrà, quindi, occuparsi degli ingranaggi di Intesa, come già faceva da direttore generale, e (soprattutto) muovere in squadra con la prima linea. Due aspetti sottovalutati da Cucchiani, che si era ritagliato un ruolo differente.
Per lui, dopo soli 21 mesi di contratto, in cambio delle dimissioni c'è una buonuscita pari a 3,6 milioni: quasi 6mila euro al giorno. L'importo è pari al doppio dello stipendio. Non solo, nel gentlemen agreement raggiunto domenica sera, rientra il fatto che Cucchiani continuerà a essere pagato da Intesa Sanpaolo, per altri sei mesi con la qualifica di direttore generale: pur lasciando qualsiasi potere o delega, manterrà la retribuzione, così da arrivare alla pensione. Un mini «Fondo esuberi» ad hoc.
A segnalare che a Intesa c'è più di un cantiere aperto è, inoltre, l'ingresso nel consiglio di gestione di Francesco Micheli.
È il banchiere che gestisce tutto il personale dell'istituto milanese e a cui l'Abi ha affidato la guerra con i sindacati da cui uscirà il nuovo contratto nazionale di categoria. In pratica, non è detto che la cura sulla rete di Intesa si fermerà alle mille chiusure già previste, di cui 632 da perfezionare nei prossimi due anni, per scendere verso quota 4.500 sportelli. Già in occasione della semestrale, Messina aveva peraltro annunciato che sarebbe intervenuto sulla Banca dei Territori, per semplificarne l'organizzazione e rafforzarne le direzioni regionali.
Intesa sostiene che con l'avvicendamento Cucchiani-Messina si punta ad «accelerare l'effettiva realizzazione delle potenzialità del gruppo». Si fa più fatica, però, a comprendere perché lo stesso Cucchiani fosse stato confermato per un triennio dalle Fondazioni socie soltanto pochi mesi fa, quando già si vedevano le increspature con Bazoli e con il resto della struttura, confermate dall'allontanamento del direttore generale Giuseppe Castagna.
Perplessa la Borsa dove, complice una seduta difficile a causa della crisi di governo, Intesa ha chiuso in calo del 3,54% poco sopra gli 1,5 euro. Se due report firmati da Kepler Chevreux e Akros consigliano di mantenere in portafoglio Ca de' Sass («hold») fissando target price pari a 1,6 euro e a 1,45 euro, è molto più dura Mediobanca Securities. Gli analisti di Piazzetta Cuccia basati a Londra, hanno bocciato Intesa a «underperform», convinti che l'azione piomberà a 1,2 euro.
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