Tim a rischio aumento e il titolo scende ancora

Prezzi ai minimi dal 2013. Lo scontro tra grandi soci riporta la capitalizzazione sotto i 10 miliardi

Tim a rischio aumento e il titolo scende ancora

Scende ancora Telecom in Borsa. Ieri la perdita è stata del 6,2% con un nuovo minimo storico dal 2013 a 0,441 euro. A pesare l'incertezza legata alle continue schermaglie tra i soci, Elliott con l'8,8% e Vivendi con il 23,4% che ormai non sono più d'accordo su nulla. E men che meno potrebbero esserlo su una possibile ricapitalizzazione della società, che comunque, dice Telecom «non è all'ordine del giorno».

Le insistenti voci di un aumento di capitale erano pervenute proprio nel 2013, allora con soci diversi: Telefonica con Intesa e Mediobanca. Anche in quel caso c'era stato un forte calo del business domestico e i rimedi individuati per sistemare i conti erano la vendita di Tim Brasil, oggi neppure presa in considerazione per mancanza di acquirenti, e lo scorporo della rete. Allora si parlava di un aumento tra 1,5 e i 2 miliardi di euro. Tra i fautori della ricapitalizzazione, che avrebbe dato a Telecom mezzi freschi per crescere in Brasile dove era ipotizzata una acquisizione, era l'allora presidente Franco Bernabè che avrebbe trovato l'appoggio in cda dei consiglieri indipendenti.

Ma anche nel 2017 l'ipotesi di un aumento di capitale era tornata in auge. Certo in una situazione molto confusa da un punto di vista di governance l'ipotesi pare azzardata. «Bisognerà attendere - dice un analista - l'assemblea del 29 marzo prossimo, dove Vivendi punta a riprendere il comando di Tim. Ma l'aumento di capitale pare difficile». La prossima scadenza per Tim è il cda del 21 febbraio dove l'ad Luigi Gubitosi, che è stato nominato dai consiglieri in quota Elliott, dovrà presentare il nuovo piano industriale che dovrà convincere i fondi di investimento, che sono i maggiori soci di Telecom con oltre il 60% del capitale, a votare in assemblea per il fondo Usa.

Ieri Vivendi ha tenuto a sottolineare l'opposizione dei sindacati allo scorporo della rete della società che vorrebbe Elliott. «Per i sindacati - ha detto un portavoce di Vivendi- la separazione della rete fissa rappresenterebbe un disastro dal punto di vista industriale per Tim e i suoi dipendenti. E pensiamo che anche Gubitosi pensi che lo scorporo non sia semplice. Inoltre siamo sorpresi che Elliott interferisca con le autorità italiane, alla luce del suo status di azionista di minoranza». Secondo Vivendi le tattiche di Elliott «stanno deprimendo il titolo in Borsa».

Per Elliott invece la colpa è di Vivendi che ha nominato l'ad Amos Genish, sostituito da Gubitosi il 18 novembre scorso, colpevole di aver varato un piano industriale irrealizzabile e di aver tenuto

nascosto la verità sui conti al consiglio. Il crollo in Borsa si è riflesso sulla capitalizzazione che ora è intorno ai 9,2 miliardi. Proprio come nell'ormai lontano 2013, quanto un aumento di capitale sembrava necessario.

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