Tim, Vivendi prende i meriti di Cattaneo

Ma le colpe, anche secondo i consiglieri dimissionari, sono sempre degli altri

Tim, Vivendi prende i meriti di Cattaneo

I meriti sono tutti di Vivendi e le colpe tutte degli altri. Può riassumersi così il riassunto dell'operato di Vivendi messo nero su bianco in una nota diffusa ieri mattina dal gruppo di Vincent Bolloré alla vigilia dell'ennesimo cda straordinario di Tim. «Abbiamo compiuto un investimento di 4 miliardi che porta una prospettiva a lungo termine», mentre «Elliott vuole imporre un nuovo corso diverso incentrato sullo smantellamento del gruppo», affermano i transalpini. Che si prendono anche le medaglie conquistate sul campo da altri. Ricordano, infatti, che sotto la guida del presidente Arnaud de Puyfontaine (nominato a giugno 2017) e dell'ad Amos Genish (nominato a settembre 2017), Telecom ha registrato «risultati record per il quarto trimestre 2017, riflettendo la crescente fiducia nella società e nel management». L'ex ad, Flavio Cattaneo, ha però lasciato l'azienda a fine luglio del 2017 con tanto di super premio per i risultati raggiunti, quindi è difficile attribuire i meriti del periodo tutti a Genish. Per farlo, casomai, si dovranno aspettare il primo trimestre 2018 che sarà approvato dopo l'assemblea del 4 maggio e quello dopo ancora. Vivendi sottolinea anche di aver stimolato «una ripresa del prezzo delle azioni Telecom rispetto ad altri operatori di tlc, superando i concorrenti di ben il 17% da giugno 2017». Dimenticando che il recente rally del titolo è per lo più imputabile all'ascesa di Elliott e all'ingresso di Cdp. L'entusiasmo, inoltre, si è già raffreddato: Tim ieri ha perso l'1,6% in una giornata frizzante per Piazza Affari (+1,3%). Le responsabilità degli altri sono invece il fil rouge che accompagna le integrazioni alle informazioni per l'assemblea del 24 approvate ieri dal cda di Tim su richiesta della Consob. Soprattutto le motivazioni delle dimissioni di ognuno degli otto consiglieri. Per Hervé Philippe «il progetto iniziale si è dimostrato di molto difficile realizzazione», troppe discussioni in cda «inattesi vincoli di natura amministrativa». Frédéric Crépin ha dichiarato di essere stato preso di mira da Elliott «solo perché manager di Vivendi», Felicité Herzog imputa al fondo di avere attaccato «personalmente i consiglieri in base a mere considerazioni di nazionalità». Anna Jones punta il dito «sulla costante speculazione da parte della stampa». E il presidente de Puyfontaine ha scritto che «tutto questo sforzo e dedizione sono adesso sotto attacco». Per trovare un minimo mea culpa di Parigi bisogna scorrere le righe della nota di Vivendi dove si legge che «forse, in passato ha sottovalutato alcune specificità dell'Italia».

Intanto anche il proxy advisor Frontis raccomanda di votare a favore dei candidati di Elliott e ritiene che l'assemblea generale del 4 maggio non dovrebbe essere tenuta se non verranno nominati i sei membri del da proposti dal fondo americano.

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