I lettori della zuppa non ne possono più di sentirsi dire che la Tobin tax è uno dei cibi più avariati messi in commercio negli ultimi anni. Se la batte, come imbecillità fiscale, con la tassa sulle barche e con il superbollo sulle auto di lusso. Lo sceneggiatore dell'infausta gabella deve essere lo stesso di «The Wolf» con Di Caprio: deve essersi fatto prendere da un'idea un po' bislacca della finanza oppure deve aver assunto la medesima quantità di Quaalude che circola nel film. Come sapete la Tobin doveva rendere un miliardo di euro mentre, se va bene, porterà 300-400 milioni. Eppure ha fatto danni: soprattutto alle Sim indipendenti, che fino a prova contraria ancora non spacciano sostanze vietate.
Ieri è stata resa pubblica la classifica dei principali intermediari del mercato azionario italiano. Ebbene, come era facile prevedere visto il modo in cui è stata costruita la nuova tassa, le banche che forniscono servizi di trading on line sono balzate in cima alla classifica. La Tobin tax ha completamente distorto il mercato finanziario italiano e la sua industria. A soffrire il resto del mondo finanziario: gli intermediari professionali hanno infatti visto raso al suolo il volume degli scambi. Facciamo subito una premessa. Chi scrive non ritiene il trading on line un peccato. Anzi. Ognuno occupa il suo tempo e i suoi quattrini nel modo che più gli aggrada. Il trading (come la speculazione, nonostante la cattiva fama di cui gode) contribuisce a rendere liquido un mercato. Inoltre avendo, il cuoco, un'allergia a qualsiasi tipo di tassazione, non ritiene che si debba intervenire (più di quanto già si faccia) sul costo delle operazioni di Borsa: insomma la situazione non si risolve tassando i trader, ma togliendo l'imposta agli altri. Qualcuno però ci deve spiegare per quale dannato motivo questa stupida, idiota, controproducente Tobin tax si debba applicare agli intermediari che comprano e vendono azioni italiane magari per fornirle a grandi investitori internazionali ed istituzionali e non ai trader che aprono e chiudono una posizione nel giro di pochi secondi. Ribadiamo, per essere chiari, non chiediamo una tassa per i trader: cosa che farebbe morire anche questo mercato. Ma non vi è alcuna logica, neanche luciferina, per la quale si debba tassare solo una categoria di operazioni finanziarie.
Torniamo così alla nostra classifica. L'anno scorso la reginetta degli scambi era la Intermonte, una blasonata Sim, guidata da Sandro Valeri, che aveva il 13,3% del mercato italiano. Seguivano IWbank e Fineco (banche internet specializzate nel trading on line) con un punticino percentuale in meno rispetto alla prima. Anche grazie alla Tobin, e all'esenzione per il traffico dei trader, le quote di mercato nel 2013 si sono capovolte. Intermonte ha dimezzato la sua quota di mercato. Fineco è diventata reginetta con uno strabiliante 23% di quota di mercato, seguita da Iw bank al 14. Ben per loro. Se lo sono guadagnata tutta la pagnotta. Ma resta l'amaro in bocca. Il mercato borsistico italiano, nonostante alcune credenze, è piuttosto internazionalizzato. Ciò comporta che molti scambi sul listino provengano dall'estero. Quello che è banalmente successo nel 2013 è che queste transazioni non sono state fatte da intermediari italiani e sono state costruite con strumenti tecnici (cosiddetti contracts for difference) esentati dalla Tobin tax. Bel risultato davvero.
Ps: a proposito di finanza e di operatori indipendenti che non debbono nulla alle nostre consolidate camarille finanziarie. Pietro Giuliani il leader di Azimut ha regalato ai suoi clienti e soci un festeggiamento per i dieci anni della quotazione da mille e una notte. Ha seduto alla Fiera di Milano più di quattromila persone, promotori e clienti, tutti placè. Menù costruito da tre chef stellati, che a dispetto delle stelle, hanno fatto un lavoro egregio e ben servito. Bocelli e Panariello per intrattenere il pubblico, e una superorchestra dal vivo. Ma ciò che veramente contava sono stati i cinque minuti di speech di Giuliani. Ha più o meno detto: quando ci siamo quotati, stampa, burocrazia, associazioni dei consumatori e analisti indipendenti ci hanno fatto un mazzo così, dicendo che saremmo stati un flop.
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