Mentre tweettava parole zuccherose all'indirizzo della Cina sulla risoluzione della guerra dei dazi, lunedì scorso Donald Trump ha fatto la faccia feroce col Congresso, colpevole di non voler autorizzare i 5 miliardi di dollari necessari per costruire il muro al confine con il Messico. Il tycoon ha minacciato di mandare il prossimo 22 dicembre il Paese in shutdown, ovvero la parziale paralisi delle attività federali, se non sarà accontentato. Il nodo è politico, visto che l'opposizione arriva dall'ala democratica del parlamento, ma anche di natura economica. Con le sue politiche di deficit spending, l'inquilino della Casa Bianca ha contribuito ad alzare la montagna del debito a stelle e strisce. Attualmente l'indebitamento Usa si aggira sui 21.854 miliardi, ed entro un mese potrebbe infrangere il muro dei 22mila miliardi. I 5 miliardi chiesti da The Donald sono, tutto sommato, una goccia nel mare del national debt.
Quello di spendere più di quanto incassa è però un vizietto che l'America coltiva da parecchio. Al momento dell'insediamento di Barack Obama al 1600 di Pennsylvania Ave, nel gennaio 2008, il debito Usa ammontava a 10.600 miliardi. In 10 anni l'aumento è stato dunque superiore agli 11mila miliardi. È vero che la Grande crisi, con le miliardarie contromisure prese per riportare l'economia in carreggiata, ha avuto una grossa parte di responsabilità nell'esplosione del fenomeno; ma è altrettanto vero che l'abitudine a contrarre debiti è stata incoraggiata dal ruolo di valuta di riserva del dollaro e, dunque, dalla facilità con cui gli Usa sono riusciti a rifinanziarsi anche nel lungo periodo di tassi d'interesse vicini alla zero. E questa pratica spendacciona è tracimata dai centri del potere americano fino ai consumatori, indebitati fino al collo dall'uso delle carte di credito per un controvalore di 7mila miliardi) e dall'accensione di prestiti immobiliari (9mila miliardi), studenteschi (1.380 miliardi) e per l'acquisto di automobili (1.200 miliardi). La serie di strette alla politica monetaria decise dalla Federal Reserve a partire dal dicembre 2015 ha già creato un aumento dei livelli di insolvenza nel pagamento delle rate, e la situazione è destinata a peggiorare se la banca centrale guidata da Jerome Powell non staccherà il piede dal pedale degli aumenti del costo del denaro.
Janet Yellen, ex numero uno della Fed, si è detta infatti preoccupata dagli elevati livelli di prestiti bancari e dall'indebitamento delle imprese. La Yellen ha poi detto di pensare che «i tassi rimarranno a livelli più bassi di quelli visti negli ultimi decenni». Basterà per evitare il peggio?
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