Ci aveva sperato fino all'ultimo, Giovanni Bazoli, di non chiudere la sua carriera di grande banchiere su un banco degli imputati. Alle accuse della Procura di Bergamo di avere instaurato insieme a Emilio Zanetti una sorta di governo ombra sulla gestione di Ubi Banca, impedendo a Consob e Bankitalia di capire e controllare davvero quanto accadeva nel matrimonio tra finanza bergamasca e bresciana, l'ottuagenario presidente emerito di Intesa aveva risposto con una battaglia difensiva imponente ed agguerrita, rivendicando la trasparenza del proprio operato. Niente da fare.
Ieri pomeriggio il giudice preliminare, Ilaria Sanesi, ha accolto in pieno le tesi accusatorie della Procura di Bergamo, rappresentata dal suo capo, Walter Mapelli, e rinviato a giudizio tutti gli imputati: con Bazoli vanno a processo, tra gli altri, sua figlia Francesca, Zanetti, l'ad di Ubi, Victor Massiah, e il presidente del comitato di sorveglianza, Andrea Moltrasio. Bazoli si è presentato in aula ieri mattina ad ascoltare le ultime arringhe difensive. Il processo comincerà il 25 luglio e insieme ai 30 imputati dovrà difendersi dalle accuse anche Ubi, come persona giuridica. La sostanza dell'inchiesta è nota da novembre 2016 quando la Procura orobica aveva depositato gli atti conclusivi delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza: attività complessa e delicata, perché intercettando il telefono di Bazoli le Fiamme Gialle avevano ascoltato in diretta le conversazioni con Giorgio Napolitano, documentando il rapporto di fiducia tra il banchiere e il Capo dello Stato, e pure i contatti officiati da Napolitano con il nuovo presidente, Sergio Mattarella. Solo le telefonate successive al cambio della guardia al Quirinale erano state trascritte e depositate.
Due i capi d'accusa. A Bazoli, a sua figlia, a Zanetti, Moltrasio e altri 11 viene contestato il reato di ostacolo agli organi di Vigilanza; a Bazoli, Zanetti e altri 13 l'accusa di illecita influenza sulle assemblee di Ubi. Per il primo reato la Procura sostiene l'esistenza di «un patto parasociale avente per effetto un'influenza dominante sul gruppo bancario anche mediante l'esercizio del voto concertato negli organi societari»: a questa accusa Ubi ha risposto depositando una sentenza della Corte d'appello civile di Brescia che nel maggio scorso ha annullato le sanzioni Consob, escludendo un effettivo ostacolo alla commissione. All'accusa di avere rastrellato deleghe in bianco in vista delle assemblee, gli indagati hanno invece replicato che i voti così raccolti non furono determinanti, lamentando che lo stesso accertamento non sia stato fatto sulle liste rivali. Ma, secondo la Procura, già la selezione dei soci da invitare all'assemblea era stata fatta privilegiando i fedeli alla linea Bazoli-Zanetti.
Ubi si dichiara fiduciosa che il processo dimostrerà l'infondatezza delle accuse. Per il professore bresciano «il dibattimento sarà la sede più adeguata» per accertare che il suo impegno è stato «improntato alla massima correttezza e trasparenza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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