Unicredit allo scoperto contro i Ligresti

Unicredit allo scoperto contro i Ligresti

Unicredit ordina lo sfondamento delle ultime linee difensive di «casa Ligresti»: se l’assemblea Premafin in agenda questa mattina, non varerà l’aumento di capitale che ne consegna le chiavi a Unipol, le banche creditrici strapperanno dalle mani della famiglia siciliana il controllo di Fonsai, così da poterne pilotare il cammino verso il gruppo delle polizze guidato da Carlo Cimbri.
A lanciare l’avvertimento è stato l’ad di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, annunciando che una riunione lampo del board aveva approvato all’unanimità l’avvio della procedura di escussione del pegno sul 35,7% di Fonsai.
La mossa non è certo indolore per le banche, sia perché è prevedibile sollevi una battaglia legale sia perché in Piazza Affari il pacchetto vale attualmente circa 153 milioni contro un’esposizione complessiva da 368 milioni. Nel dettaglio il prestito, suddiviso in due tronconi («Term A» e «Term B»), vede Unicredit in prima fila con 156 milioni (inclusi 45,5 di equity swap) insieme a Mediobanca che è esposta per 72,8 milioni, quindi seguono Cariparma (43,8 milioni), General Electric (38), Carifirenze (25,9), Banco Popolare (18,8), e Popolare Milano (13,1).
Le banche comunque continuano a marciare compatte per fermare i Ligresti e Ghizzoni ha ribadito l’indisponibilità del pool ad aprire alla proposta alternativa formulata dalla cordata Sator-Palladio (Generali ha detto no all’utilizzo del fondo Vei come veicolo per la finanziaria di Meneguzzo). Questa mattina le banche consegneranno all’ingegnere di Paternò il contratto di ristrutturazione da sottoscrivere entro 24 ore. Per togliere ogni margine di manovra ai Ligresti e bloccare l’avvicinamento in atto a Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo, il contratto sarà punteggiato da molte clausole sospensive: dall’ottenimento del definitivo ok delle Authority all’operazione Unipol all’aumento Fonsai.
Se invece i Ligresti useranno l’assemblea Premafin per chiudere la porta a Unipol, gli istituti creditori lasceranno cadere la cassaforte verso un probabile default tecnico. A quel punto Mediobanca & C. dovrebbero ricevere i diritti di voto su Fonsai, così da esercitarli all’assemblea dei soci chiamata ad approvare entro il mese l’aumento di capitale da 1,1 miliardi necessario a riportare in zona di sicurezza il margine di solvibilità. In caso contrario l’Isvap potrebbe procedere al commissariamento.
La strada dell’integrazione con Unipol comunque è resa più impervia dal fatto che Consob non è disponibile a fare sconti: il presidente Giuseppe Vegas ha già rimarcato che la decisione di Jonella e Paolo Ligresti di non rinunciare alla manleva e al diritto di recesso è ad oggi «incompatibile» con la richiesta di esenzione dall’obbligo di Opa avanzata dalla compagnia delle coop. Altro ostacolo sono le condizioni poste dall’Antitrust per contenere lo strapotere del nuovo aggregato sul ramo Danni e allentare i rapporti che il gruppo avrebbe con Mediobanca, che è il primo azionista di Generali con il 13,2 per cento.
Cimbri potrebbe procedere alla creazione di una newco, in cui riversare (in vista della successiva alienazione) il pacchetto Mediobanca ora custodito da Fonsai (3,8%), «La Previdente», Liguria-Sasa e una selezione di agenzie così da ridurre la presenza nelle province più critiche dal punto di vista del Garante. Difficile, infatti, appare scindere il destino delle azioni Mediobanca dai rami aziendali dal momento che concorrerebbero alla copertura riserve per gli assicurati. Interessati all’acquisto sarebbero Allianz, Axa e Cattolica.

Dopo l’ok di Premafin a Unipol di domenica notte, ieri si è consumato il cda fiume di Fonsai, a sua volta slittato al pomeriggio per consentire l’ultima mediazione tra i consiglieri indipendenti. Titoli in caduta: Fonsai ha perso il 10,3% (gli analisti stimano che la ricapitalizzazione avverrà a pochi centesimi), Milano l’8,8%, Premafin l’8,2% e Unipol il 5,4.

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