Unicredit spinge sull'utile e Ghizzoni convince i soci

L'ad risponde alle ultime voci di uscita con profitti a 406 milioni, meglio delle stime degli analisti. E garantisce: «Nessuna ricapitalizzazione»

Camilla Conti

Alle ennesime voci su un suo imminente abbandono, Federico Ghizzoni risponde battendo le attese degli analisti sull'utile del trimestre. In merito alle pressioni sul titolo che ieri ha lasciato sul terreno un altro 1,47%, sottolinea che «se guardiamo l'andamento nei primi quattro mesi dell'anno siamo in linea con il resto del mercato» e comunque «non ci sarà alcun aumento di capitale». Quanto all'intervento del fondo Atlante sulla ricapitalizzazione della Popolare di Vicenza, «il fatto stesso che non ci sia stata la quotazione» in Borsa «ci avrebbe esonerato dall'impegno» di garantire l'inoptato perché «le clausole che avrebbero consentito all'istituto di uscire dall'operazione erano «legate alla possibilità o meno di fare un'operazione di mercato». L'amministratore delegato di Unicredit ieri ha parato i colpi arrivati prima dagli analisti durante la conferenza telefonica sulla trimestrale e poi dai giornalisti in conferenza stampa. Al dodicesimo piano del grattacielo dell'istituto, in piazza Gae Aulenti, Ghizzoni è parso sereno. I maligni sostengono che l'uscita sia solo rinviata in attesa di un accordo fra i soci sul possibile sostituto. Da parte del diretto interessato nessun commento sul tenore della discussione nel corso del board di ieri, nè sull'eventuale pressing da parte di qualche consigliere: «su questo non parlo nemmeno sotto tortura», ha chiosato con una battuta prima di tornare nel suo ufficio.

Di certo, «un cambiamento o meno del management non è una decisione del management ma degli azionisti, io mi focalizzo su attività banca e mi sembra che i risultati siano buoni». La trimestrale è stata infatti archiviata con un utile netto di 406 milioni di euro, in calo del 20,8% rispetto ai 512 milioni dei primi tre mesi del 2015 ma oltre il consenso degli analisti a 379 milioni. Tra l'altro, al netto dei costi di integrazione pari a 259 milioni nel trimestre per effetto dei circa 250 milioni relativi all'Austria, l'utile sarebbe pari a 640 milioni. I crediti deteriorati netti sono inoltre diminuiti del 7,1% rispetto al 31 marzo dell'anno scorso a quota 38,1 miliardi.

Al cda ieri Ghizzoni ha comunque fornito un'ampia informativa «su quale è stata la posizione del vertice dal giorno uno all'ultimo giorno dell'operazione di aumento di capitale della Popolare di Vicenza» ma ora «voltiamo pagina» perchè l'istituto veneto «ha sufficiente capitale per operare».

C'è però anche un'altra banca del Nordest che vede coinvolto Unicredit come «joint bookrunner» dell'aumento di capitale da un miliardo garantito da un consorzio capitanato da Imi

(Intesa). «Su Veneto Banca - ha detto Ghizzoni - siamo in terza linea e comunque passivi, nel senso che stiamo aspettando notizie dal consorzio, vedremo se verrà firmato un accordo con Atlante e se verrà fatto il collocamento».

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