Van Rompuy «licenzia» i governi nazionali

Van Rompuy «licenzia» i governi nazionali

Nei prossimi mesi «andremo a toccare il tabu della sovranità». Seppur le sfumature lessicali abbiano un peso, il verbo «toccare» pronunciato ieri da Herman Van Rompuy va inteso in un sol senso: la sovranità nazionale va abbattuta, a vantaggio di un sistema comunitario sempre più integrato. Anche a rischio di incassare l'accusa di un'eccessiva ingerenza. Un vero e proprio assist, quello del presidente del Consiglio Ue, ad Angela Merkel, che nel recente vertice di Bruxelles aveva cercato - senza successo a causa della ferma opposizione di Francia e Italia - di far passare la proposta di un super-commissario con possibilità di porre un veto sui bilanci degli Stati membri.
Par insomma di capire dalle parole di Van Rompuy che non è soltanto la Cancelliera a remare in direzione di uno svuotamento dei poteri dei singoli governi. Cosa già peraltro avvenuta con il commissariamento della Grecia (e prima ancora di Irlanda e Portogallo) e con la politica di austerity imposta alle nazioni poco virtuose, Italia compresa. «I paesi dell'Ue - conferma Deborah Bergamini, parlamentare Pdl e segretario della delegazione italiana al Consiglio d'Europa - , hanno già ampiamente delegato fette della propria sovranità e ogni ulteriore cessione può essere immaginata solo previo consenso dei cittadini d'Europa».
L'idea della centralizzazione, a scapito degli organi di controllo periferico, appare meno censurabile nel caso della Bce, cui toccherà il compito di vigilare su oltre seimila banche dell'euro zona. Se spetta all'Eurotower soccorrere gli istituti in difficoltà fornendo risorse fresche attraverso il fondo Esm, appare legittimo che Mario Draghi possa mettere il naso nei conti delle banche. Oggi, intanto, Draghi sarà nella tana del lupo, il Bundestag tedesco, dove dovrà difendere il piano per l'acquisto di bond. L'aria è già calda dopo le accuse di Jürgen Starck, ex capoeconomista della Bce, secondo cui l'Eurotower «si sta facendo imprigionare dalla politica».
Il dibattito su temi centrali anche nelle prossime settimane resta tuttavia in secondo piano sui mercati, preoccupati per lo stato di salute dell'economia reale. In particolare, quella spagnola. L'agenzia Moody's ha declassato ieri i rating di cinque regioni iberiche (Catalogna, Murcia, Castilla, Andalusia, Extremadura), mentre la Banca di Spagna ha pronosticato un peggioramento della recessione nel terzo trimestre. Risultato, gli spread hanno ripreso l'ascensore: il differenziale tra Bonos e Bund è schizzato a 407 punti, mentre il differenziale dei Btp è salito a quota 329. Le trimestrali deludenti negli Usa di 3M e DuPont hanno fatto il resto nelle Borse. Lo sbandamento di Wall Street, in calo del 2% a metà seduta, ha imposto ai listini europei il terzo stop della settimana, questa volta più brusco e costato a Milano una perdita dell'1,8%, del 2,1% a Francoforte e del 2,2% a Parigi.


Cresce così l'attesa per l'esito della riunione della Federal Reserve. Ben Bernanke, che non sembra intenzionato a candidarsi per un terzo mandato, dovrebbe rassicurare oggi sugli effetti in arrivo della manovra di stimolo lanciata sei settimane fa, senza però annunciare nuove misure.

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