In un continuo oscillare tra pessimismo e ottimismo, sono iniziati ieri i lavori tra i tecnici greci e i funzionari delle tre istituzioni che componevano la Troika, nome che da giovedì è stato rottamato. L'obiettivo è quello di preparare il terreno in vista dell'Eurogruppo di lunedì, dove si cercherà di trovare una soluzione condivisa sul nodo del debito ellenico. Le distanze però rimangono, al punto che il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha ammesso che «Siamo molto lontani da un accordo». Più o meno, le stesse parole usate dal numero uno dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: «Sono molto pessimista: non so se ce la faremo lunedì».
Timori che non sembrano condivisi né da un funzionario dell'Unione, secondo il quale «un nuovo programma di salvataggio è un'opzione», né dalla Borsa di Atene (+5,6% ieri) e dagli altri listini azionari (+0,96% Milano). Nessun impatto ha avuto sui mercati la notizia diffusa da Reuters del maxi esodo dai conti correnti di questa settimana, con prelievi tra i 400 e i 500 milioni di euro al giorno. È stato quindi l'assalto ai Bancomat a spingere la Bce ad aumentare di 5 miliardi, portandoli a 65 miliardi totali, i nuovi fondi a disposizione dell'Ela, il meccanismo di liquidità di emergenza.
Se intanto la Germania fa sapere ad Atene che la ex Troika non può essere rimpiazzata dall'Ocse come supervisore del piano di salvataggio, la Spagna alza la voce ricordando di aver prestato alla Grecia 26 miliardi che «dovranno essere resi». Ma è il pirotecnico ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, a tenere il volume a palla. Ieri c'è andato pesante, paragonando la Troika alla Cia che «tortura le sue vittime con la tecnica del waterboarding (soffocamento nell'acqua, ndr)». Per poi insistere su quello che resta un punto fermo: l'accettazione da parte della Germania di un taglio del debito greco. «Lo sanno tutti - ha spiegato Varoufakis a Der Spiegel - che la Grecia non potrà mai sostenere l'attuale livello di indebitamento senza una rinegoziazione. La Germania vuole evitare il termine write-down, ma in realtà questa è una soluzione migliore per i creditori rispetto ad un'estensione del debito».
Ma i dati sul Pil di Spagna (+0,7% nel quarto trimestre) e Portogallo (+0,5%) diventano un assist per i rigoristi dell'eurozona. La narrativa a Bruxelles e Berlino da almeno due anni è sempre la stessa: «I programmi funzionano, lo dimostrano i dati di Spagna, Portogallo e Irlanda». Nell'ultimo trimestre, mentre crescevano le attese elettorali per la svolta di Syriza, la crescita greca è invece tornata in campo negativo: -0,2%. Brusca frenata dopo il +0,7% del terzo trimestre, il +0,3% del secondo ed il +0,7% del primo che avevano spinto la Commissione europea a rivedere da +0,6% a +1,0% le valutazioni sull'intero 2014.
Cifre che alimentano i lamenti di Antonis Samaras. L'ex premier aveva accettato l'austerity della Troika. E perso le elezioni ripetendo di aver preso il Paese col Pil in calo del 7% ed averlo riportato in terreno positivo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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