Conto alla rovescia per il lancio del servizio Lte, la banda ultralarga in mobilità. Entro il prossimo primo gennaio lo Stato dovrà consegnare tutte le frequenze acquistate a caro prezzo dagli operatori, ma già imperversano le polemiche della vigilia. Da un lato c'è l'annosa questione di convincere le emittenti televisive a liberare le pregiate frequenze a 800Megahertz, quelle che consentono una maggiore penetrazione nelle case, dall'altra la polemica sulle possibili interferenze che proprio l'uso di questo spettro può provocare sulle trasmissioni televisive del digitale terrestre. E c'è già chi parla dell'obbligo per Tim, Vodafone e Wind di costituire un fondo di alcune decine di milioni per intervenire presso chi sarà oggetto del disservizio.
E qui cominciano i dolori. Tim ancora non ha espresso una posizione ufficiale, ma sarebbe comunque contraria a qualunque intervento, avendo già pagato per ottenere le frequenze; Vodafone ritiene, invece, che Wind dovrebbe farsi carico dei problemi in quanto il suo lotto a 800Megahertz, pagato meno di quelli degli altri, causerebbe le interferenze perché è quello più vicino allo spettro tv. Wind non ci sta e cita uno studio della Fondazione Bordoni che non fa differenza tra le frequenze acquistate.
Il problema maggiore sarebbe, infatti, quello della saturazione (o «accecamento»), rispetto all'interferenza da canale adiacente. Con l'«accecamento» si perdono tutti i canali, mentre con l'interferenza sarebbero colpiti solo i canali tv adiacenti alla banda mobile. Insomma, l'avvento dell'Lte in Italia, tra i pochi Paesi europei a non avere ancora una rete 4G, provoca già polemiche.
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