Ecopass, gli azzeccagarbugli innescano il caos giudiziario

(...) O senza avere pagato il pedaggio. Ma, nel deliberare per la prima volta che Palazzo Marino, istituendo l’Ecopass, si è reso responsabile di «eccesso di potere», il Piscitello ha egualmente gettato un sasso nello stagno che produrrà cerchi amplissimi: incoraggerà migliaia di altri automobilisti a ricorrere contro le multe sulla base di questa motivazione (con inevitabile ulteriore intasamento degli uffici), rafforzerà il partito dell’abolizione dell’Ecopass già rincuorato dal siluramento dell’assessore Croci e aprirà un dibattito sui reali poteri dei Comuni che finirà con l’investire tutte le città afflitte da problemi di inquinamento. Se poi la sentenza, contro cui il Comune non potrà non presentare ricorso, fosse confermata anche in appello e passasse in giudicato, creerebbe le condizioni perché tutti coloro che finora sono incorsi nelle sanzioni possano chiedere la restituzione delle multe pagate. In altre parole, un pasticcio gigante, prodotto della fervida mente giuridica di un magistrato onorario che ha approfittato dell’occasione per trasferire le proprie personali convinzioni - giuste o sbagliate che siano - in una sentenza «rivoluzionaria». L’aspetto singolare della vicenda è infatti che il ricorrente non si era neppure sognato di mettere in dubbio la legittimità dell’Ecopass, ma si era limitato a sostenere di essere in possesso di un contrassegno da invalido gli dava il diritto di entrare nella zona protetta anche con una vettura fuori norma. Il Piscitello ha ignorato questo aspetto e si è invece adoperato per dimostrare che le delibere istitutive dell’Ecopass, pur non violando la legge del 1992 che regola la materia, sono illegittime («eccesso di potere») perché istituzionalizzano una disparità di trattamento tra automobilisti: tra i proprietari di vetture di diverse classi di inquinamento, tra coloro che varcano i confini nelle ore lavorative (7-19,30) e quelli che lo fanno la sera, tra coloro che vi accedono nei giorni feriali e quelli che percorrono le strade nel weekend. La tesi del magistrato onorario - peraltro logicamente ineccepibile - è che dal momento che una vettura inquina allo stesso modo qualunque siano l’ora e il giorno in cui circola, non è ammissibile punire o non punire il suo conducente su questa base. Pertanto egli ha ritenuto in suo potere «disapplicare l’atto amministrativo», con il risultato non solo di cancellare la multa oggetto del ricorso, ma di aprire un autentico vaso di Pandora di interrogativi.
Al di là del suo impatto immediato, la sentenza ripropone infatti un problema che contribuisce a rendere così complicata la vita dei cittadini italiani: quello dell’incertezza del diritto. Nel nostro Paese, è venuta a crearsi col tempo una sovrabbondanza di istituzioni che possono pronunciarsi, con conseguenze difficilmente prevedibili, sull’operato delle pubbliche amministrazioni, annullando o «disapplicando» delibere, nomine, contratti o quant’altro, salvo a venire contraddetti settimane, mesi o anche anni dopo da quella superiore: una confusione che evoca quella vissuta in questi giorni nella disputa sulla presentazione delle liste.

Non so se risponda a verità, ma secondo il Tg regionale, per un verdetto definitivo sulla questione sollevata dal Piscitello potremmo dovere aspettare anche due anni. E nel frattempo, come si regoleranno gli altri giudici di pace? Come diceva il compianto Mike, «Allegria!».

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