La vie en rose di Olivier Dahan racconta frammenti della vita Edith Piaf, ben imitata da Marion Cotillard, sempre che sia un'imitazione - non un'interpretazione - che si vuole da un'attrice. Vedere la Cotillard arrancare, anchilosata come la Piaf, sarà un'emozione per chi ha sessant'anni, ma gli altri, al massimo, avranno sentito di lei qualche canzone... Nata a Parigi nel 1915, morta a Grasse nel 1963 (lo stesso giorno del Vajont), la Piaf aveva un volto che ne riferiva ogni sofferenza. Era infatti un personaggio degno della Bête humaine di Zola. S'aggiunga all'alcolismo che - come lesbica, ex prostituta, poligama e morfinomane - la Piaf era lo scandalo impersonificato, senza esser bella come sono, oggi, una modella o una velina. Fra i divi dello sport, solo il pugile Marcel Cerdan la trovò seducente, ma incappò subito nella maledizione che gravava su chi alla Piaf era caro: morì in un incidente aereo. A quarantatré anni dalla morte della Piaf, più che la sua voce, più che il suo mito, è il potere della lobby lesbica ad averla fatta riproporre da questo film girato con grandi mezzi e piccola fantasia. Dahan ha poi omesso parti notevoli della vita della Piaf (l'amore per Yves Montand, per esempio) per questioni di diritti, ma ha sottolineato quello per «Momone» (Sylvie Testud). In piccoli ruoli La vie en rose presenta altre celebrità: Clotilde Courau (moglie di Vittorio Emanuele di Savoia) è la madre che l'abbandona quando ha solo tre anni e sta diventando cieca; Gérard Depardieu è l'impresario che la lancia quando ne ha venti e che paga con la vita d'averla tolta dal marciapiede.
Peccato che Dahan abbia esitato nel concludere il film, dandogli quattro finali e poi ricominciando, fino a concludere nel modo più banale.LA VIE EN ROSE di Olivier Dahan (Francia, 2006), con Marion Cotillard, Sylvie Testud. 140 minuti
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