Editoria, lo Stato rivuole i soldi: 200 coop a rischio fallimento

Il caso di Nessuno Tv, la rete satellitare dei Ds finanziata dallo Stato al 70%

Stefano Filippi

Tremano i giornali di partito e le coop editrici dopo gli arresti dell’altro giorno (quattro manager che avrebbero falsificato fatture per raddoppiare i sussidi pubblici): se la Guardia di Finanza ha deciso di puntare i fari sulla stampa finanziata dallo Stato, i guai potrebbero essere appena all’inizio. Ma tremano anche per un altro motivo, meno aleatorio. Il governo vuole riprendersi una parte dei contributi già versati: erano stati calcolati male.
La lettera di avviso spedita da Paolo Bonaiuti, sottosegretario uscente alla presidenza del Consiglio con delega per l’editoria, e da Mauro Masi, direttore del relativo dipartimento di Palazzo Chigi, ha lasciato sbigottiti molti editori. Potrebbe essere il segnale di un’inversione di tendenza. Una maggiore severità confermata dalle parole di ieri del deputato ulivista Giuseppe Giulietti, ex mezzobusto Rai ed esperto di comunicazione dei Ds, secondo il quale l’inchiesta della Gdf dovrebbe convincere il Parlamento a inasprire le norme sul finanziamento ai giornali, di partito e non.
Soldi in più alle Coop
L’allarme è stato diffuso da Mediacoop, l’associazione nata due anni fa per rappresentare 423 cooperative giornalistiche, editoriali e della comunicazione. È un’emanazione di Legacoop: il presidente Lelio Grassucci, ex parlamentare del Pci, ex segretario generale di Confesercenti e attuale consigliere del Cnel, ne è stato direttore generale. Una nota del 5 maggio scorso di Mediacoop definisce «fatto gravissimo la richiesta di restituzione dei contributi all’editoria cooperativa e no-profit». La preoccupazione è stata fatta propria da .Com, quotidiano interamente dedicato ai temi della comunicazione il cui amministratore è stato arrestato giovedì.
Perché Palazzo Chigi chiede alle coop editrici di restituire parte dei finanziamenti? Le quote versate nel 2002 erano state calcolate tenendo conto di un disegno di legge presentato dal governo ma non approvato dal Parlamento: secondo questo ddl, il contributo andava determinato sulla media dei costi sostenuti nell’anno precedente, mentre la legge ancora in vigore parla degli ultimi due anni. Le somme da restituire variano da un minimo di 45mila euro a un massimo di 800mila. Grassucci sostiene che «il provvedimento mette seriamente in crisi almeno 200 delle 640 cooperative editoriali. Si chiede la restituzione di quote erogate ad aziende che hanno già chiuso i bilanci, presentato il cedolino alle banche, ottenuto prestiti. Se un editore comunica a un istituto di credito di dover restituire soldi a bilancio chiuso, non otterrà più né anticipi né garanzie per proseguire l’attività».
I partiti si fanno le tv
Un capitolo che invece sta per aprirsi è quello dei contributi pubblici alle televisioni satellitari dei partiti. Il meccanismo, previsto dalla legge Gasparri ma non ancora messo a punto, è analogo a quello che consentì a giornali come ad esempio Libero di incassare i sussidi statali: almeno due parlamentari fondano un movimento politico con un proprio organo di informazione. In questo caso, un’emittente satellitare. La Gasparri prevede di coprire fino al 70 per cento dei costi: e le spese televisive sono molto più alte di quelle sostenute dalla carta stampata.
Il centrosinistra è balzato per primo sulla nuova opportunità. I senatori Franco Debenedetti (Ds) e Luigi Zanda (Margherita, ex consigliere di amministrazione Rai) hanno creato l’associazione Ulisse che consentirà di finanziare Nessuno Tv, che dunque è la prima emittente italiana di partito. Numero 890 sul telecomando Sky, primi vagiti con qualche ora di trasmissione sul canale satellitare Planet, la tv farcita di rimembranze omeriche si presenta come «il primo progetto al mondo di televisione partecipativa», con videoblog, videobox e lunghe dirette della campagna elettorale dell’Unione.
«Siamo la Mtv della politica», dice il direttore Claudio Caprara, un D’Alema-boy.

Tra gli ispiratori ci sono Carlo Freccero, Lucia Annunziata e Giancarlo Santalmassi; il presidente del Cda è Luciano Consoli, l’inventore del Bingo, il finanziatore della Voce di Montanelli, uno degli iniziatori del Riformista; gli altri soci sono Bruno Pellegrini, Paolo Rossetti, la società Data & Management e la finanziaria lussemburghese Cored International. Finanziamenti pubblici e paradisi fiscali.
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