Effetto Cina e produttività nel mirino di Bankitalia

Atteso da Fazio anche un richiamo agli industriali perché facciano la loro parte nel rilancio dell’economia italiana

Effetto Cina e produttività nel mirino di Bankitalia
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Gian Battista Bozzo

da Roma

Molta macroeconomia, molta Cina (intendendo con Cina la questione dei Paesi emergenti), molte banche. Antonio Fazio lima in queste ore di vigilia il capitolo conclusivo delle sue considerazioni finali, quello che incomincia con il classico «signori partecipanti, autorità, signore e signori». Nella giornata di oggi sarà aggiunto al resto del fascicolo che, nella notte, sarà stampato nella massima segretezza dalla tipografia della Banca d’Italia e distribuito domattina all’apertura dell’assemblea della banca centrale. Nelle 35 pagine o poco più del documento, il governatore seguirà la scansione classica, dal generale (l’economia internazionale) al particolare (l’economia italiana, il sistema bancario, la finanza pubblica). E le conclusioni? Fazio, come i suoi predecessori, le scrive in solitudine perfetta. Ma l’attuale governatore ha sempre indicato, accanto all’analisi delle situazioni, soluzioni e vie d’uscita. Lo farà, senza dubbio, anche quest’anno.
C’è molta attesa per il capitolo che Fazio dedicherà al sistema bancario. Chi si aspetta «nomi e cognomi», insomma accenni diretti alle due banche sotto Opa, resterà deluso. Non invece chi attende la rivendicazione puntuale del pieno rispetto delle norme nazionali ed europee da parte di Bankitalia. Il capitolo bancario sarà lungo, corposo e attuale. Vi si troveranno risposte alle perplessità emerse da parte della commissione europea, non alle accuse lanciate negli ultimi giorni da protagonisti delle vicende bancarie. Forse, qualche risposta a Luca di Montezemolo ci sarà. Via Nazionale non si oppone all’apertura del sistema creditizio: le banche italiane sono le più internazionalizzate d’Europa, dopo quelle britanniche.
Capitolo corposo e analitico anche quello che sarà dedicato alla situazione dell’economia europea e italiana, con particolare attenzione all’impatto delle nuove economie sul nostro sistema. Il fenomeno dei Paesi emergenti, Cina in prima fila, sarà passato al setaccio, lo strumento dei dazi per fermare l’invasione di prodotti a basso costo è già stato definito «superato» da Fazio. Dunque dal governatore ci si attende qualcosa di «controcorrente». La perdita di competitività della produzione italiana è certificata da Istat, Ocse, Fmi. Gli stessi organismi parlano di «crescita zero» per l’Italia nel 2005, e Fazio non potrà che confermare l’analisi. I due trimestri negativi (meno 0,4 per cento il quarto del 2004, meno 0,5 il primo del 2005) non lasciano spazio ad illusioni: quest’anno è in bilico, bisogna guardare al 2006 e agli anni successivi. La questione della produttività, che Fazio sollevò per primo, resta al centro dell’analisi insieme al costo del lavoro, alla scarsa partecipazione al lavoro e alla questione dimensionale delle imprese. Il richiamo agli industriali, perché facciano la loro parte, è fuori discussione.
La crescita zero avrà inevitabili ripercussioni sulla finanza pubblica. Il deficit potrebbe superare il 3,5 per cento del Pil alla fine dell’anno.

Fazio non è un acritico fan delle regole di bilancio europee, ma è un convinto sostenitore della riduzione delle spesa corrente in funzione di maggiori investimenti pubblici e, quando possibile, di una riduzione della pressione fiscale. Il rigore di bilancio serve per far riprendere l’economia. Lo aveva detto il 31 maggio di un anno fa, il governatore di Bankitalia, lo ripeterà domani.

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