Effetto intercettazioni: governatore infangato

Carboni e Co. avrebbero diffuso sul web e nel Pdl la falsa notizia che l’attuale presidente della Campania «andava a trans» Lo scrivono i giudici nell’ordinanza di arresto. Ma così Caldoro, che è vittima, si è comunque ritrovato messo alla gogna

Effetto intercettazioni: governatore infangato

Roma - Stefano Caldoro, presidente della regione Campania, sarebbe stato diffamato. Facendo circolare, prima all’interno del Pdl, e poi su alcuni siti web, la voce che «andava a trans»: la presunta «associazione occulta» costituita da Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi contava di mandargli a monte la candidatura. Com’è andata, invece, si sa. Caldoro si è candidato. Ha stravinto. Governa la Campania. E a gambe all’aria c’è finito il presunto piano per screditarlo, diffondendo «voci» sulle sue preferenze sessuali, che comunque non costituirebbero reato. Erano arrivate su un blog campano, sono state oscurate. E non hanno influenzato il voto.

Una storia morta prima di nascere, trova nuova vita grazie agli atti giudiziari e alle intercettazioni. Perché a raccontarla, nei dettagli, è l’ordinanza che ha mandato in carcere Carboni, Lombardi e Martino. Che, per dimostrare che il presunto sodalizio era un «gruppo di potere occulto» finisce, invece, per sputtanare la vittima, il governatore campano, amplificando quel «piano diffamatorio» che agli indagati non era riuscito. E dimostra, una volta di più, che se è vero che le intercettazioni sono un formidabile strumento di indagine, sono anche una materia molto delicata. Che rischia di mettere alla gogna chi non ha commesso alcun reato.

L’ordinanza racconta come «il gruppo», che avrebbe sostenuto la candidatura di Nicola Cosentino, voleva «screditare il nuovo candidato e così escluderlo dalla competizione elettorale, tentando di diffondere, all’interno del partito e a mezzo internet, notizie diffamatorie sul suo conto». I magistrati mettono nero su bianco ogni dettaglio del presunto piano. Viene citata una telefonata tra Ernesto Sica (poi divenuto assessore regionale all’Avvocatura, proprio con Caldoro) e Martino. È il 21 gennaio 2010 e, spiega l’ordinanza, «ormai, con ogni probabilità, le notizie diffamatorie sono state diffuse nell’ambiente». Martino: «Allora noi abbiamo messo in piedi una cosa strepitosa, mi segui? Allora questa cosa va accompagnata e assecondata fino all’ultimo perché la partita secondo l’arbitro, fischia». Sica: «Non so se c’è... tu pensi una valanga mediatica sia opportuna? (...) No, ci vorrebbe un regista mediatico bravissimo».

Ancora Sica il 28 gennaio manda via fax a Martino «un documento in cui sono riportate le informazioni da utilizzare contro Caldoro», scrive il gip, che annota anche «le parole deluse di Martino» perché erano «indicazioni generiche e non documentate». Ma Sica lo rassicura: «Basta che tu gli dici ma tu il diciannove settembre sei andato là (...) mo bisognerebbe avere una copia... una cazzata perché queste sono leee... perché poi lui lì andava bimestralmente, il vizio è pesante eh, lui ha cambiato un po’, ha girato un po’, gira un po’, Excelsior e altre parti, capito?». Lombardi propone a Martino di «dare a la Repubblica» la notizia. Martino rivela che Caldoro sa delle voci: «L’hanno chiamato e lui ha negato tutto», e siccome c’è una riunione sulla vicenda, invita Sica a portare altri dati: «Tu c’hai pure i circostanziati, no? Con nomi e tutto. E allora tu così devi andare là fratello mio». Sica: «Vabbe’, mancano gli amichetti allora, i nomi degli amichetti, ho capito».

Se ci fossero ancora dubbi sul tenore delle voci, ecco che l’ordinanza riporta l’sms ricevuto da Martino l’8 febbraio: «Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro con i trans. Forse del problema ha parlato anche un pentito. Che fine abbiamo fatto, siamo finiti in un mondo di froci... povero Berlusconi». C’è anche la telefonata con cui Sica annuncia ancora a Martino che «domani pomeriggio intorno alle 16.30 diciamo sta tutto più chiaro e sarà molto più pubblico il fatto». E ancora Sica, il giorno dopo, chiama Martino e «con tono di finta e scandalizzata sorpresa» lo informa che sul sito internet campaniaelezioni.altervista.

org è stato pubblicato un articolo «dal titolo “Un Marrazzo in pectore: le passioni strane di Caldoro”», con riferimenti «all’hotel Miravalle e all’hotel Excelsior». Ma Caldoro querela. Il sito viene oscurato. Quelle «voci» cadono nel vuoto.
Finché non tornano, nero su bianco, grazie ai magistrati romani.

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

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