Einaudi-Dede: La musica vola oltre ogni stile

Antonio Lodetti

Il «suono circolare» del suo pianoforte ha conquistato tutti; col grimaldello della sua musica che fonde suoni colti, minimali, avanguardia, suggestioni popolari ha toccato il cuore all’inclito e al colto. Ludovico Einaudi però continua a viaggiare verso nuovi porti. Le sue ricerche etniche non sono una novità (ormai storiche le collaborazioni con artisti del Mali come Ballake Sissoko) ma il suo nuovo minitour è una vera sorpresa. Un coraggioso incontro di frontiera tra il suo pianoforte minimale, le pulsioni elettroniche e al contempo le avvolgenti melodie del ney (un flauto tradizionale turco) del poliedrico Mercan Dede, il violino di Hugh Marsh (gli appassionati di cantautorato d’autore lo ricordano al fianco del grande canadese Bruce Cockburn), la danzatrice dervisha Tanya Evanson. Un progetto partito da Bari e accolto con clamoroso successo a Roma, a Milano (per la rassegna Musica dei cieli sabato sera, nella chiesa Santa Maria della Scala, c’era la folla delle grandi occasioni e un centinaio di persone sono rimaste fuori) e nelle chiese della Lombardia. Einaudi ha condotto un agape al tempo stesso assorto e festoso, sposando l’impostazione classica con le anarchiche contorsioni dell’elettronica e le crude linee melodiche della cultura foklorica sufi.

Suoni apparentemente freddi e contraddittori ma percorsi da uno strano, particolarissimo fremito che diffonde tra il pubblico una incredibile ampiezza armonica e soprattutto una inaspettata coerenza narrativa. Quattro personaggi apparentemente agli antipodi (splendido Marsh, semplici ed efficaci i volteggi della Evanson ) quattro individualità che trovano un dialogo comune attraverso linguaggi differenti.

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