Elezioni, la Camera scopre che Polo e Unione erano pari

Dai primi controlli sul riconteggio delle schede emergono errori soprattutto a vantaggio del centrosinistra. E il divario fissato un anno fa in 24mila voti scende a neppure 3mila suffragi

Elezioni, la Camera scopre che Polo e Unione erano pari
Roma - La vittoria dell’Unione alle elezioni politiche dello scorso anno assomiglia molto a quella dell’Inghilterra nella Coppa del Mondo del 1966. Dopo oltre quarant’anni nessuno è in grado di dire con chiarezza se il goal decisivo di Hurst abbia superato o no la linea di porta. Allo stesso modo, a 15 mesi di distanza non è ancora chiaro se i 24.755 voti di distacco del centrosinistra alla Camera siano tali o se in realtà sia stato il centrodestra a prevalere.

Ma nella politica non ci sono movioloni. Anche se qualche strumento esiste, come conferma un documento del deputato di Forza Italia, Gregorio Fontana, anticipato ieri da Il Tempo. Dai primi dati rilevati dal comitato di verifica istituito dalla Giunta per le elezioni della Camera emerge che la Cdl sarebbe in netto recupero. Il nuovo scrutinio si è basato soprattutto su schede del collegio Lazio 1 e ha messo in evidenza che il centrodestra avrebbe 25 voti in meno di aprile 2006. All’Unione, invece, se ne dovrebbero togliere ben 75. Moltiplicando i risultati per le 135 sezioni del campione e facendo una proporzione con le 60mila sezioni elettorali di tutta Italia si avrebbe una perdita di 11.194 voti per la Cdl e di 33.136 per il centrosinistra. Un recupero di 21.942 voti che accorcerebbe il distacco dei due schieramenti a sole 2.813 preferenze.

Il divario in termini percentuali, se le proiezioni fossero confermate, scenderebbe dallo 0,06% (19,001 milioni contro 18,976 milioni) di aprile 2006 allo 0,007% (18,968 milioni contro 18,965 milioni). Un’inezia. Di qui l’esigenza di accelerare il riconteggio che procede a rilento. «La situazione organizzativa - dice al Giornale Gregorio Fontana - è inadeguata e se si continuasse di questo passo, ci vorrebbero 11 anni per terminare la verifica sul 10% del totale nazionale». Come ha sottolineato il leader della Cdl, Silvio Berlusconi, il padre di questa operazione-verità: «Hanno paura dei dati veri».

Sulla stessa lunghezza d’onda il coordinatore nazionale azzurro, Sandro Bondi. «Le indiscrezioni sul riconteggio - ha dichiarato - lasciano emergere ciò che si sospettava da tempo, e cioè che il centrosinistra non avrebbe vinto le elezioni». Ma cosa si può fare per completare l’opera? «Noi abbiamo proposto di modificare il regolamento della Camera - spiega Fontana - allargando la platea dei deputati preposti ai controlli sulle schede visto che il Parlamento non è molto impegnato». Attualmente, infatti, il comitato di verifica, che svolge gli stessi compiti di un seggio elettorale, è composto da un onorevole per ogni gruppo parlamentare.

Il clima, però, non è dei migliori. Il centrosinistra, costretto alla gogna del riconteggio dal caso-Deaglio, non vuole fare altri autogoal. E passa al contrattacco. «Il dossier è falso e rientra in uno dei tanti tentativi “paragolpisti” del partito di Silvio Berlusconi», si è inalberato il radicale Maurizio Turco ricordando che il comitato di verifica si è riunito solo 21 volte controllando 183 sezioni su 6mila. «I dati vengono usati in maniera strumentale per cavalcare la tesi della truffa elettorale», ha rilevato Maria Cristina Perugia (Prc) lamentando che il documento di Fontana avrebbe violato il vincolo di riservatezza che si erano imposti.

A questo gioco Fontana non vuole partecipare. «Noi - replica - non diciamo che abbiamo vinto ma che bisogna ricontare. Anche un intellettuale non sospettabile di simpatie per il centrodestra come Luca Ricolfi ha scritto un saggio sostenendo che senza riconteggio non si può capire chi ha vinto veramente».

Il volume Nel segreto dell’urna, infatti, sostiene che in sede di riconta la Cdl si è sempre riappropriata di un numero di voti doppio a quello della sinistra.
E poi, aggiunge, «mancano molti verbali dei voti nei collegi esteri, fatto che conferma le denunce di Berlusconi di brogli e irregolarità».

Quindi, conclude Fontana rispondendo a Turco, «golpista è chi volesse governare senza aver vinto le elezioni, noi invece abbiamo sempre rispettato le istituzioni e non vorremmo nemmeno immaginare che cosa sarebbe successo se la vicenda si fosse svolta a parti invertite; avremmo avuto i tumulti in piazza». Il presunto obbligo di riservatezza? «Non può mica diventare il quarto segreto di Fatima, il problema va affrontato», taglia corto il deputato azzurro.
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