RomaSe anche il prudente Pier Ferdinando Casini, in pieno agosto, si mette a spedire sms per mobilitare i suoi perché «cè il rischio fortissimo di elezioni anticipate», vuol dire che il punto di rottura è vicino.
Il messaggino del leader Udc ha raggiunto ieri parlamentari e amministratori locali centristi: «Non possiamo riposarci, utilizzate lestate per mobilitarvi nel territorio». Con il suo allarme reso pubblico via agenzie Casini punta a due risultati: intanto quello di stare da protagonista nei tg e sui giornali. E poi quello di ottenere un certo effetto deterrente: tra i parlamentari, e non solo dellUdc, la fine anticipata della legislatura non è certo una prospettiva popolare, e allertarli per tempo che la fine potrebbe essere vicina serve anche a preparare il terreno a possibili alternative di palazzo.
Ma ieri non era solo Casini a vedere il voto alle porte. Da Antonio Di Pietro («Il Pd deve togliersi dalla testa lidea di governi tecnici e alleanze improbabili: si andrà al voto») al ministro Rotondi («Mi sembra che si delinei il quadro classico dello scioglimento delle Camere») fino allex ministro Pd Parisi («Invece di governicchi meglio tornare alle urne»), le Cassandre erano molte e trasversali. E tutte danno per scontato che lappello al popolo sia ciò a cui punta e per cui si sta preparando Berlusconi, convinto che - con lattuale legge elettorale e unalleanza di ferro con la Lega - riprendersi la maggioranza in Parlamento sia più che fattibile. Anche senza Fini.
E i segnali che la macchina elettorale berlusconiana si sta già mettendo in moto sono ormai molti: dallappello del Cavaliere al «più grande porta a porta degli ultimi anni» al nuovo portale «ForzaSilvio» per veicolare le informazioni e le indicazioni ai militanti sul territorio, fino agli investimenti su Facebook per allargare la rete dei simpatizzanti.
Non è un caso se ieri, dal principale partito di opposizione, arrivava una raffica di avvertimenti: siamo pronti al voto, ma prima va cambiato il Porcellum. Non è chiaro né con che alleanza (con Fini e Casini? con Di Pietro e Vendola?) né con che candidato premier (Bersani, come dice lo statuto? Chiamparino, come pare indicare Repubblica? Casini, come sperano i dalemiani?), ma pronti al voto. La presidente Rosy Bindi invita a «ratificare in Parlamento una crisi che ormai cè», e assicura: «Non abbiamo alcun timore di elezioni anticipate». Ma non con «una legge che ha destabilizzato il sistema politico italiano». Francesco Boccia, giovane dirigente molto vicino a Enrico Letta, invoca un «patto costituente tra i riformisti», e tra i riformisti, tacitamente, include anche lex leader di An Gianfranco Fini.
Spiega un dirigente dalemiano del Pd: «È improbabile che si voti in autunno: se ci fosse la crisi, Napolitano non potrebbe non dare un reincarico a Berlusconi, e a quel punto credo che i finiani gli ridarebbero compatti la fiducia». Anzi, aggiunge tra il serio e il faceto, «se si votasse a scrutinio segreto qualche voto glielo daremmo anche noi...», tanto per allontanare le urne. Ma se il governo davvero cadesse, «alla Camera ci sarebbe già una maggioranza pronta per un governo tecnico che fa la riforma tedesca, e in Senato ci sono solo una decina di voti di scarto: vuoi che non si trovino dieci moderati, da Pisanu in giù, che non si spostano?». La vera incognita, a sinistra, sono Vendola e Di Pietro, che pensano di aver solo da guadagnare dal voto anticipato.
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