Elezioni in Spagna: i socialisti perdono colpi

da Madrid

Dopo due mesi segnati da una campagna elettorale aspra e accesa, con scontri e accuse politiche ben lontane dai toni delle elezioni amministrative del 2003, ma bensì più vicine alle legislative del prossimo anno, nella giornata di ieri 35,2 milioni di spagnoli sono stati chiamati alle urne per eleggere i presidenti di 13 regioni autonome e i sindaci di 8.111 comuni.
I risultati dopo la chiusura delle urne danno il Partito popolare di centrodestra come il raggruppamento più votato sia nelle elezioni regionali che in quelle municipali. In particolare i popolari avrebbero mantenuto la maggioranza nelle regioni di Castiglia e Leon, nella Comunità di Madrid (di cui la capitale regionale e nazionale avrebbe riconfermato quasi con un plebiscito il sindaco del Pp), nella Comunità Valenziana, a Rioja e Murcia, mentre i socialisti di José Luis Rodriguez Zapatero avrebbero vinto in Castiglia-La Mancia e Estremadura e, probabilmente anche nelle Asturie e Aragona. Rimane in bilico il risultato in Navarra. «Il Partito popolare è tornato a essere il primo partito di Spagna» ha detto il leader popolare Mariano Rajoy.
L’affluenza è stata di quasi quattro punti inferiore rispetto al 2003. Ma gli occhi erano puntati sulle elezioni celebrate negli 8mila municipi: il voto comunale (di cui i risultati definitivi si sapranno soltanto oggi), ha rappresentato il primo indicatore più significativo a livello nazionale dalle elezioni del 2004 che, ricordiamo, sull’onda emotiva degli attentati islamisti dell’11 marzo, attribuirono la vittoria allo sconosciuto leader socialista José Luis Rodriguez Zapatero.
Il voto di ieri ha assunto le vesti di un vero e proprio referendum popolare a oltre tre anni dall’inizio del governo socialista. Un referendum che ha chiesto agli spagnoli se fossero soddisfatti non solo della gestione socialista della res publica, ma, soprattutto, delle azzardate e incocludenti aperture che Zapatero ha compiuto nei confronti dei terroristi baschi dell’Eta. Terroristi che, in queste ultime elezioni, sono stati rappresentati da oltre cento candidati provenienti in maggioranza dal partito clandestino Batasuna e che, senza badare alle forti critiche dell’opposizione di centrodestra e dell’Associazione delle vittime, si sono iscritti, dopo un breve braccio di ferro con l’Audencia nacional, nei partiti di sinistra Azione nazionalista basca (Anv) e in liste di altri nuovi e più che legali raggruppamenti politici. Per la serie: molto democraticamente si cambia il nome e il colore del simbolo di partito, ma si va avanti con gli stessi ideali e propositi già condannati dal Tribunale supremo di Spagna.
L’ammissione al voto dei candidati simpatizzanti per Batasuna è stata una mossa che la stampa non filogovernativa ha interpretato come il tentativo del governo socialista di comprarsi la pace sociale fino alle elezioni politiche della primavera del 2008: l’opposizione afferma già da tempo che l’attuale governo si è consegnato volontariamente alla banda dell’Eta per allontanare la spada pendente degli eventuali atti terroristici che potrebbero causare una rovinosa sconfitta alle urne per i socialisti.

Anche prima dell’attentato dinamitardo dell’aeroporto di Barajas del 31 dicembre scorso che riportò paura e morte nelle case degli spagnoli, la gente mostrava un robusto pessimismo dinanzi all’ingenuo ottimismo di Zapatero, convinto di avere il processo di pace saldamente in pugno.

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