Controcultura

A Elio Germano l'Orso d'argento nel ruolo di Ligabue

A Elio Germano l'Orso d'argento nel ruolo di Ligabue

Mentre il Coronavirus fa fare la figura degli appestati agli italiani nel mondo, da Berlino arriva una bella immagine del nostro Paese. Elio Germano, attore che con il suo «Leopardi» ha riavvicinato i ragazzi al grande poeta recanatese, ha vinto l'Orso d'argento come miglior attore per il ruolo del pittore Ligabue in «Volevo nascondermi» di Giorgio Diritti. Per via dell'emergenza sanitaria, il film non uscirà in sala a breve. Intanto, Germano fa il modesto e dice: «Il premio va sempre al film, a chi l'ha fatto e a chi lo va a vedere. Dedico il film ad Antonio Ligabue, che vive qui con noi, dentro di me. E dedico il premio a tutti gli storti, gli sbagliati del nostro tempo».

La sua interpretazione di Ligabue, quale mostro deforme ore e ore di trucco prostetico e appassionato di vita, ha convinto da subito la giuria della 70esima Berlinale, presieduta da Jeremy Irons e composta da Luca Marinelli, Bérénice Bejo, Kenneth Lonergan.

Un FilmFest all'insegna del tricolore, visto il neodirettore Carlo Chatrian e l'Orso d'argento per la miglior sceneggiatura andato ai fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, per «Favolacce», in sala dal 16 aprile. Dove Germano è di nuovo presente. I fratelli D'Innocenzo sono tornati a Berlino due anni dopo «La terra dell'abbastanza», presentato nella sezione Panorama. Le loro «Favolacce» narrano le vite di una comunità di famiglie, rinserrate nelle villette a schiera d'una periferia laziale, tra proletariato e costumi piccolo borghesi. E puntano il dito sulla rabbia repressa dei diversi nuclei familiari. Commossi, sul tappeto rosso, «Ti amo, fratello mio!», ha detto Fabio, mentre Damiano ha risposto alla romana, se l'emozione è incontenibile: «Mortacci tua!».

E c'era tanta Italia anche nelle altre sezioni del festival. Matteo Garrone e Roberto Benigni superstar con «Pinocchio», accolto con entusiasmo nella sezione Special Gala. Nella sezione Panorama ha ben figurato «Palazzo di giustizia», film d'esordio di Chiara Bellosi. Si tratta della storia di formazione d'una adolescente e dì una bambina,rispettivamente figlia del benzinaio che ha ucciso un rapinatore e figlia d'un rapinatore sopravvissuto. Inoltre «La casa dell'amore» di Luca Ferri e «Zeus Machine. L'invincibile», di Nadia Ranocchi e David Zamagni, sono stati ospitati dalla sezione Forum. Ai monaci guerrieri, poi, ha dedicato il suo documentario «Faith» Valentina Pedicini, in passerella alla Settimana della Critica.

Trionfo al Kino Palast per l'Italia, quindi. E l'Orso d'oro va al dissidente iraniano Mohammad Rasoulof, prigioniero in patria, per il suo toccante «There is no evil». A ricevere il premio, il cast in lacrime, perché consapevole di rischiare il carcere, dopo aver preso parte al film, un'opera politica che mette in evidenza, attraverso quattro episodi, la contraddizione tra le leggi di un regime e la coscienza del singolo cittadino, con particolare riferimento alla pena di morte per i dissidenti politici.

L'Orso d'argento per la miglior attrice, infine, è andato a Paula Beer, apprezzata protagonista di «Undine» del tedesco Christian Petzold.

Commenti