Elogio del femminismo

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Uno dei più impliciti e ricorrenti luoghi comuni, financo volgari, ci sovviene a fronte di un crescente numero di spettacolini catodici ove s’agitino signorine e signorini, letterine e numerini, stelle di una sera o di un pomeriggio, reggitrici di microfono in perenne sorriso da emiparesi: dice insomma che in certi ambienti soprattutto televisivi, e soprattutto femminili e soprattutto romani, ci sarebbe una certa facilità di costumi; dice insomma che ci sarebbe una ridondanza di fanciulle regolarmente disposte a tutto e che non esitano a poggiare le terga sul famigerato divano del produttore, ma che può essere anche del regista, dell’autore, del giornalista, se necessario del tecnico del suono. Bene. Voglio dirlo a titolo personale.

Sarà diec’anni che per svariate ragioni e spesso malvolentieri mi capita di bazzicare questi famigerati ambienti: sicché ritengo davvero di averne viste tante e ho assistito in effetti alle bassezze più orrende, agli sgomitamenti più selvaggi; tuttavia, in onestà, devo proprio dire che tutta questa presuntissima succitata facilità di costumi - soprattutto se paragonata a qualsiasi altro ambiente professionale ­ porca miseria se è vera.

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