Emanuele Filiberto, il principe dalle sette vite

AL LAVORO Ha la testa di ferro come il suo antenato e non ha perso la voglia di fare

Grande attesa per l’arrivo del nobile sulla Riviera dei fiori. Non si tratta dell’erede della zarina Maria Aleksandrovna che qui scendeva dai geli del Cremlino per svernare, a metà dell’Ottocento; e nemmeno di parenti o affini di Sissi d’Austria, al secolo Elisabetta di Baviera che, come la russa di cui sopra, passeggiava tra le palme facendosi accarezzare dalla brezza marina. Qui si scrive di Emanuele Filiberto di Savoia, sì, proprio lui, il Principe, il bambino che da grande ha scoperto l’Italia e che gli italiani non hanno ancora capito che cosa vorrà fare da grande. Canterà al festival della canzone, si esibirà sul palco del teatro Ariston laddove hanno trionfato Modugno e i Jalisse, dove sono caduti Vasco Rossi e Zucchero Fornaciari, dove sono transitati Tyson e Stallone.
Il Principe non ha pace, tiene famiglia, gli averi sono quelli che sono, la crisi è globale, i gioielli, le dimore, i possedimenti appartengono agli album fotografici, antichi e ingialliti, roba da presepe non da castello.
Emanuele Filiberto è un cittadino normale, si fa per dire, cerca lavoro, di qualunque tipo purché redditizio, anche perché si narra che il lavoro nobiliti l’uomo.
Lui è già nobile a prescindere, allora ha capito che è arrivato il momento di lucidare le insegne di casa e di fare vedere ai repubblicani come un monarchico (non più, forse, chissà, dipende), un Savoia di nascita sappia reagire, operare, intervenire in un mondo dove i titoli nobiliari non sono più riconosciuti ma un duca, un marchese, un inchino e un baciamano non si negano a nessuno.
Il Principe, dunque, si adegua, non vive nelle favole, non sta in sella a cavalli bianchi con gli occhi azzurri, nemmeno danza nei balli di corte con le damigelle incantate e desiderose, non si ha nemmeno notizia di rospi stregati dalla pozione magica. La vita agra si trascina tra la Svizzera e la Francia, tra Ginevra e Parigi con alcune variazioni su Milano e Roma. Emanuele Filiberto sa che deve riverniciare il palazzo, che le storie antiche e la cronaca recente hanno danneggiato la facciata e la faccia. Dovrebbe tenere il profilo basso e invece la testa coronata non si piega e non si spezza. Avanti Savoia, l’importante è apparire. Breve riassunto delle opere del Nostro: ha provato con la politica, battendosi al centro ma raccogliendo, oltre alla simpatia, alla nostalgia e alle promesse, numeri da albumina, indici bassi; partito Valori e Futuro, circoscrizione estera Europa, risultato 0,4 in percentuale, quasi un non pervenuto; partito Udc, preferenze ventiduemila, percepite di più ma all’atto pratico «respinto». L’uomo ha la testa di ferro come il suo omonimo antenato e, dunque, non ha perso la voglia di fare e disfare. Nella sua esistenza ha provato di ogni, su qualunque terreno: consulente finanziario, creatore di un fondo di investimento quotato alla Borsa di Zurigo, interprete di un carosello pubblicitario per la Saclà, olive reali, non nel senso che fossero vere ma proprio da re, nel sapore almeno. Eppoi la televisione, tanta e dovunque, giurato a il Ballo delle debuttanti, su canale 5; ospite di lusso dalla Ventura Simona in Quelli che il calcio, su Rai 2; ballerino trionfatore a Ballando con le Stelle, Rai 1; prossimo presentatore, insieme con Pupo, di Raccomandati, su Rai 2; figlio, marito, padre, rappresentante manifesto, pubblico di casa Savoia, nonostante controversie famigliari, rivendicazioni, accuse e carte bollate. Indeciso a tutto ma presente, dopo alcune incertezze lessicali d’avvio, dovute agli studi esteri, alla precaria frequentazione della lingua nostra, alle perfidie di Iene e Striscia, nel silenzio, comprensibile, del suo genitore affaccendato in altre faccende anche delicate e nell’imbarazzo della genitrice, silente dalla fondazione del regno. Ma il colpo di teatro, Ariston, a Sanremo, lancia definitivamente via satellite, oltre oceano, per i nostri emigrati, l’erede al trono (o no?), il Principe che studia le note, la melodia, che cerca l’intonazione con Pupo e con il tenore Luca Canonici. Il titolo, non nobiliare ma della canzone, è un inno romantico: Italia amore mio, musicata da Pupo su testo elaborato con lo stesso Emanuele Filiberto, trattandosi di pensieri scritti, poetici, dell’infanzia principesca.
Il sindaco di Sanremo e la città tutta si preparano all’evento, ad accogliere con il gonfalone e lo stemma il Savoia rampante.

Qualcuno dovrà comunque avvisare il Principe che lo stemma sanremese, un leone che porta la corona da marchese e sta appoggiato ad una palma, lo stemma dicevo, venne approvato con Reale Decreto dal re Vittorio Emanuele II. Prima o poi doveva capitare che qualche parente si presentasse per onorare l’effigie. Non certo che si desse al canto leggero. Ma, come insegnano anche i Windsor, non ci sono più i principi di una volta.

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