Emmanuelle Béart senza vestiti non dà palpiti al dramma sui gay

Delude «Les témoins» con la star francese: «Non ho la sensazione di essere impudica»

da Berlino

La mamma aveva fatto bella Emmanuelle Béart, ma lei non era contenta. Così si fece gonfiare le labbra come Angelina Jolie, che però aveva meno da perdere. Le labbra divennero simili ai bordi di un canotto pneumatico e, col canotto, si gonfiarono anche le velleità intellettuali della Béart: divorziò da Daniel Auteuil e sposò ogni causa bislacca, a cominciare da quella degli immigrati clandestini per finire a quelle delle lesbiche, cui - mi disse insistentemente un giorno a Parigi - si sentiva «molto, molto vicina». Credeva forse che così la critica ai suoi se ne giovasse; però diminuivano gli incassi. E non dovrebbero essere alti nemmeno in Francia quelli de Les témoins («I testimoni») di André Téchiné, presentato ieri in concorso al Festival di Berlino. È l’ennesima storia di gay tristi, almeno da quando (siamo nel 1984) sono colpiti dall’Aids. Oggetto del desiderio è un ventenne (Johan Libereau), conteso da un ispettore magrebino (siamo a Parigi) della Buoncostume e un medico timido (Michel Blanc).

La Béart è la madre del figlioletto dell’ispettore, che a sua volta tradisce con l’editore, visto che scrive storie per bambini. Ha anche un paio di scene spogliata: «Ci sono momenti - mi dice però - nei quali sono vestita, eppure più che nuda. E non ho nessuna sensazione d'impudicizia». Con quella bocca può dire ciò che vuole.

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