Economia

Enel, pagamento cash per il 25% di Endesa

Che fine farà il gasdotto Tag, quello che collega la Russia con l’Italia attraverso Ucraina, Slovacchia e Austria? Il «tubo» (controllato dall’Eni all’89% e dall’austriaca Omv all’11%) che porta nel nostro Paese il gas russo fornito da Gazprom è stato periodicamente alla ribalta per le chiusure dovute ai litigi tra Mosca e Kiev, l’ultima di poche settimane fa. Ma questa volta la questione è diversa: l’Antitrust europeo, guidato dalla commissaria Neelie Kroes, ha varato tempo fa un’indagine per comportamenti anticoncorrenziali. Ormai siamo vicini a una decisione e sembra che non solo la Kroes stia pensando a una multa molto pesante da infliggere all’Eni, ma soprattutto voglia costringere il gruppo petrolifero italiano a cederne il controllo. Così le forniture all’Italia non sarebbero solo condizionate dalle risse russo-ucraine, ma anche dalle decisioni dell’ipotetico nuovo proprietario, ancora tutto da definire.
E ieri l’ad Eni, Paolo Scaroni, al convegno di Venezia organizzato dalla Confindustria sulle risorse del futuro, ha detto: «Attribuiamo al gasdotto Tag un valore strategico e di sicurezza energetica nazionale condiviso dal governo: non è nelle nostre intenzioni cederlo e se arriverà una multa c’è sempre la possibilità di fare ricorso». E in effetti il governo si è mosso per dare man forte all’Eni nella disputa con la Commissione Ue: solo pochi giorni fa il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, ha incontrato a Bruxelles la Kroes e ha sostenuto che il gasdotto Tag è di interesse strategico nazionale. Quando la Commissione Ue riconosce l’interesse strategico nazionale invocato da un Paese dell’Unione, le regole sulla concorrenza vengono congelate: dopo il colloquio con la Kroes il ministro Ronchi si è detto meno pessimista sulla possibilità di un accordo, ma resta il fatto che nessuna decisione è già stata presa e che sono sempre possibili brutte sorprese.
Attraverso il Tag arriva il 30% del gas consumato in Italia: il gasdotto è lungo 1.140 chilometri e trasporta 37 miliardi di metri cubi l’anno, a cui si aggiungono 3,2 miliardi di potenziamento che sono entrati in funzione nel 2008 ed altri 3,3 miliardi che saranno disponibili negli ultimi mesi di quest’anno, in coincidenza con la brutta stagione. I 6,5 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi andranno a clienti diversi dall’Eni, come è stato stabilito dall’Autorità antitrust italiana. Rinunciare al controllo del «tubo» potrebbe essere un errore, anche perché, sostengono fonti vicine al gruppo petrolifero italiano, una volta perduto il controllo potrebbe finire in mani che non sono sensibili agli interessi italiani. L’Italia sta cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento: l’Eni da pochi anni ha aperto il Green Stream, che unisce la Libia alla Sicilia, mentre è in progetto il South Stream, che dovrebbe portare il gas russo in Italia, aggirando a sud l’Ucraina.

Il Tag, comunque, resta un collegamento essenziale e lo resterà ancora per molti anni: sostituire il 30% delle forniture, ammesso che sia conveniente, richiede tempo e investimenti.

Commenti