(...) Beppe Pericu, Walter Veltroni e tanti altri sindaci, la risposta di Prodi è quantomeno simile ad una «proposta indecente»: ovvero fermate le proteste e salveremo almeno i vostri stipendi!!!!! Cose dell'altro mondo!!!!
Nella legge finanziaria infatti, ci sono due pacchetti che riguardano gli enti locali. Il primo incide pesantemente nelle tasche dei cittadini contribuenti dai 26.000 euro di reddito, facendo scattare addizionali Irpef, benzina o energia o portando all'adozione di nuove tasse come quella di soggiorno (con grande rischio per le politiche di sviluppo del turismo) o quella di scopo. Il secondo pacchetto invece incide nel settore comunemente chiamato «costo della politica» che prevede tagli alle indennità di carica di sindaci, presidenti di provincia, assessori e stabilisce tetti di compensi dei manager pubblici, sfrondando molti privilegi dei professionisti della politica. Ebbene alle proteste dei sindaci il governo ha risposto offrendo loro la disponibilità a rivedere questo secondo pacchetto, mantenendo intatta la possibilità impositiva del primo e salvando il loro stipendio. Proposta che per la verità, e finalmente, respinta al mittente come una vera «proposta indecente» mostrando come spesso la classe politica locale sia di ben altro spessore degli sgangherati rappresentanti nazionali.
Rimane, comunque, il problema che per sostenere le spese correnti per il funzionamento delle macchine amministrative (troppe e troppo spesso inefficienti soprattutto nei grandi comuni) i servizi sociali e gli investimenti, i soldi mancano. È forte il timore di dover esercitare appieno le libertà impositive, in particolare a pochi mesi dalle elezioni amministrative per il rinnovo dei Sindaci.
Comunque in questa vicenda un lato positivo c'è. Spazio per tagliare un po' i costi degli apparati burocratici comunali alla fine verrà fuori e se non vogliono aumentare l'Ici e tasse simili, dovranno fare qualche cosa.
Ma se i soldi scarseggiano ci sarebbe da augurarsi che le proprietà mobiliari e immobiliari di cui ancora dispongono in eccesso molte amministrazioni locali, venissero messe in vendita. Il loro valore è oggi immobilizzato e spesso, anziché andare a beneficio della collettività, è strumento di potere e simbolo di privilegio per pochi. Ma oltre agli immobili di pregio, il taglio va fatto nelle partecipazioni di controllo (assoluto o relativo) delle ex municipalizzate. Infatti dai bilanci risultano quasi tutte ricche e pingui; non c'è dubbio che i loro utili d'esercizio vadano a discapito di un numero di cittadini assai più ampio dei loro amministratori e dirigenti.
Nel nostro «bel Paese» le quote di maggioranza assoluta o relativa degli enti locali nelle sole municipalizzate quotate in borsa, valgono circa 5-6 miliardi di euro e anche quelle non quotate hanno un importante valore patrimoniale. Assai di più dei tagli chiesti dal Ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa. Se l'effetto della finanziaria poi sarà quello di «far piangere» qualche assessore al Bilancio e alle partecipazioni costretto a vendere qualche pezzo di pregiata argenteria, oltre naturalmente i famosi ricchi a reddito fisso da 30.000 euro al mese, non ci dispereremo più di tanto, anzi!
Se poi senza poltrona si trovassero amministratori e top manager di nomina politica, magari espressione degli stessi partiti di sinistra che vogliono vedere piangere i ricchi, le lacrime di molti saranno sicuramente meno amare perché le squallide lotte sulla nomina degli amministratori con i relativi (spesso pingui) emolumenti, le politiche dei dividendi e le strategie sulle acquisizioni nazionali o internazionali, (vedi il caso dell'Autostrada Genova-Serrravalle, vero Presidente Penati?? O delle public utilities dell'energia come Amga, Aem ecc.
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