Alla ricerca della firma perduta. Un tempo lo chiamavano Harrison Ford e forse per questo Guglielmo Tell Epifani s’è convinto di potersi lanciare in un'operazione così spericolata che al confronto Indiana Jones è un pantofolaio. Nel giorno dei lunghi macelli, quello in cui i sindacati hanno deciso di mandare in rovina un’azienda e diverse migliaia di lavoratori, infatti, il segretario della Cgil s'è sdoppiato: ha inviato una lettera a Colaninno per dire che aveva accettato l’intesa e, pochi minuti dopo, ha inviato un’altra lettera a Colaninno per dire che quell’intesa non l’avrebbe accettata mai. Ora i casi sono due: o in quei pochi minuti a Epifani è apparso Che Guevara sotto forma di colomba rossa per convincerlo a cambiare idea, oppure l’uomo ci nasconde qualcosa. Propenderemmo per la seconda ipotesi.
Sono le 14.30 di giovedì 18 settembre. Il segretario Cgil spedisce alla cordata di imprenditori che vuole rilevare Alitalia il fax che pubblichiamo in queste pagine. Dice: «Caro presidente, come d’intesa le confermo la nostra adesione alla firma dell’accordo quadro...». E poi ancora: «La Cgil conferma il proprio impegno perché sia evitato il fallimento e perché la difficile scommessa di dare un futuro all'azienda abbia successo». Infine parla di «adesione pressoché generale» raggiunta «su quel testo».
Toni dolci come il miele, una colata di melassa, un sì in carta semplice e senza ricevuta di ritorno. Di questa lettera, per altro, il medesimo Epifani pare vada molto fiero. È lui stesso che la esibisce in un’intervista alla Concita De Gregorio, direttrice dell’Unità: «Sull’accordo quadro c’era la mia firma. C’è la lettera, i fatti sono questi», sostiene. Come a giustificarsi: non sono stato io a far saltare tutto. Pensate: avevo già firmato. Ma bravo: e poi, allora, che cosa è successo? Perché si è rimangiato quella firma come se fosse un bignè alla crema?
Quello che Epifani dimentica di dire è che pochi minuti dopo la sua lettera, a Colaninno ne è arrivata un’altra, anch’essa firmata dalla Cgil, oltre che da altre cinque sigle sindacali. Questa seconda lettera, dai toni assai più duri, respinge ufficialmente l’accordo, rifiutando alcuni passaggi chiave, come il contratto unico, e chiedendo anche un nuovo confronto sugli esuberi. Di fatto, si tratta della bocciatura integrale di quell’intesa a cui, nell’altro fax di pochi minuti prima, Epifani dava piena e convinta adesione.
E dunque che è successo fra un fax e l’altro? Com’è possibile che Epifani approvi e la Cgil no? Vogliamo escludere che la Cgil prenda posizione senza l’assenso del suo segretario, altrimenti il suo segretario dovrebbe dimettersi immediatamente. E allora: come fa Epifani a essere d’accordo con l’intesa e, nello stesso tempo, anche con quelli che respingono l’intesa? Siamo di fronte al primo caso di sindacalismo schizofrenico? Di sdoppiamento di personalità contrattuale? E il prossimo segretario della Cgil allora chi sarà? Dottor Jekyll/Mister Hyde? O Giano bifronte?
Bisognerebbe capire che cos’è passato nella testa di Epifani in quei minuti. Noi non lo sappiamo. Non sappiamo se sia apparso in sogno Veltroni con in una mano un cocktail newyorkese e nell’altra un seggio a Strasburgo. Non sappiamo se il diavoletto tentatore abbia fatto balenare davanti agli occhi di Guglielmo la mela avvelenata della possibile e sospirata candidatura all’Europarlamento. Non sappiamo se quell’apparizione avesse le forme piacevoli della fata turchina o quelle ributtanti del biblico serpente. Per quel che ci riguarda poteva anche assomigliare al mago Otelma o a Rintintin. O magari non esserci per nulla e non portare in dono un fico secco.
Quello che sappiamo di certo, però, è che Epifani con una mano dice sì e con l’altra dice no, da una parte firma dall’altra si ferma, stop and go, nello stesso momento. Perché non rigettare subito l’intesa, se non gli garbava? Perché scrivere quella lettera mielosa a Colaninno pochi minuti prima della severa bocciatura definitiva? E perché esibirla così ostentatamente all’amica Unità? È un comportamento troppo bislacco per essere sincero. Evidentemente nasconde un doppio gioco. O forse, un gioco sporco.
Di sicuro, però, quelle due lettere sono lì a rappresentare, in modo fisico e drammaticamente perfetto, le due anime del sindacato e della sinistra che si sono confrontate in questa vicenda. Da una parte le colombe, dall’altra i falchi. Da una parte quelli disponibili al confronto, dall’altra quelli del «tanto peggio tanto meglio». Da una parte gli aperturisti illuminati, dall’altra i talebani del no. Fabrizio Solari, l’uomo che ha condotto le trattative per la Cgil, era fra i più ragionevoli. E così D’Alema e Bersani nel Pd.
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