Epitaffio Ue sul Fondo europeo: «Un progetto di lungo termine»

CARTELLINI GIALLI Berlino e Parigi divise sulle sanzioni ai Paesi non in regola con i conti

Ancor prima di essere concepito, il Fondo monetario europeo ha già un epitaffio. Lo ha scritto ieri Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue: «È un progetto di lungo termine». Toni decisi davanti all’Europarlamento per liquidare l’idea anti-crisi prospettata dal ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schauble. Suggestiva, ma complicata dal punto di vista tecnico (richiederebbe la riscrittura del Trattato di Maastricht e di quello di Lisbona) e, soprattutto, da quello politico.
Come capitato anche in occasione della recente gestione della crisi, l’Europa continua a difettare di chiarezza nella comunicazione («La Commissione è pronta a proporre tale strumento europeo che ha il sostegno dei membri della zona euro», era stato l’annuncio, lunedì scorso, del commissario responsabile degli Affari economici, Olli Rehn) e, in particolare, non ha una posizione univoca tra gli Stati membri. Non c’è peraltro accordo neppure in Germania, dove tra Berlino e Francoforte si sta disputando un derby a distanza sull’opportunità di varare il Fondo. Il Cancelliere Angela Merkel ha ribadito il proprio favore all’iniziativa, vista come un argine contro quella speculazione pronta a bersagliare l’euro non appena uno dei Paesi membri è in difficoltà finanziaria. Vista da Francoforte, ovvero dal quartier generale della Bce, l’idea di istituire l’Fme suona come un’istigazione al deficit di bilancio e al cosiddetto azzardo morale, cioè a correre più rischi del dovuto perché, alla peggio, è già previsto un intervento di soccorso. Axel Weber, numero uno della Bundesbank e membro autorevole del board Bce (è in pole position, assieme a Mario Draghi, per sostituire alla presidenza Jean-Claude Trichet), non vuole neppure che si faccia dibattito sull’Fme: «È controproducente». Anche perché il divieto di salvataggio di Paesi membri dell’eurozona «è parte costituente dei trattati europei» e «ogni altra discussione è un evento secondario che distrae dal necessario consolidamento fiscale».
Oltre a dover fronteggiare la ferma opposizione interna, la Merkel fatica inoltre a vincere le resistenze francesi. Un problema, alla luce del ruolo di driver che Berlino e Parigi si sono ritagliati durante la crisi greca. C’è un punto che è fonte di attrito: quello dei cartellini gialli da mostrare ai Paesi poco virtuosi in materia di finanze pubbliche. «Devono esserci sanzioni», ha affermato la Merkel. E potrebbe essere proprio il Fondo a stabilirle. Nei giorni scorsi, ipotesi di stampa parlavano di una sospensione dei diritti di voto nelle istituzioni europee ai Paesi che violano i parametri sui conti previsti dai trattati. Se si considera che la Francia ha una disciplina di bilancio senz’altro peggiore rispetto alla Germania, è evidente che questa proposta viene considerata irricevibile. Ecco quindi perché la creazione del Fondo, ha spiegato il ministro dell’Economia francese Christine Lagarde, è «una pista interessante, che dobbiamo esplorare insieme ad altre», ma non «la priorità assoluta a breve termine».
Il recente proliferare di proposte, d’altra parte, non si è limitato al fondo salva-Paesi. Il Belgio punta sulla gestione comune dei debiti nell’area euro, mentre il presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, ha rilanciato l’idea di creare una agenzia di rating europea. Molta, forse troppa carne al fuoco. «Non possiamo presentare una proposta al giorno», ha infatti puntualizzato Barroso.

Convinto che la priorità vada invece data a una proposta per un «quadro europeo di assistenza coordinata» e strumenti anti-speculazione. Si comincerà infatti, ha annunciato il commissario, con una stretta sui credit default swap che riguarderà le operazioni sul debito sovrano senza il possesso dei titoli sottostanti.

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