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Gli epurati del Real madrid rubano il sogno all'Uruguay

Ehi, Johnny Rep li hai visti quei due? Teste pelate. Non come voi che tenevate capelli lunghi quanto i Beatles. Segno dei tempi moderni e dell’Olanda nouvelle vague. Due gol loro, come quei due con i quali inchiodasti l’Uruguay e il papà di Diego Forlan. L’Uruguay anche stavolta non ce l’ha fatta: si lamenterà per i guardalinee poco accorti. Ma càpita. Eppure ha tenuto tutti con il cuore in sospeso fino all’ultimo minuto: quel gol di Pereira ha restituito qualcosa allo spettacolo che fa pathos. Meno male! Ma i tuoi nipotini ce l’hanno fatta. Dopo 32 anni è tornata l’Arancia (quasi) meccanica. E i due pelatoni l’hanno portata per la terza volta in finale. Sorte da predestinati come voleva il pallone (d’oro). Proprio loro, i due ripudiati del Real Madrid. Florentino Perez ora si goda i suoi gioielli svalutati, mentre Robben, che nel calcio si chiama Arjen in tutti i sensi, e Beniamino Sneijder si incamminano sul sentiero di una storia che non è toccata neppure a Cruyff, Neskens e Krol, i Fab four del 1974, quelli che stavano con Rep.
Diciamolo: non ci siamo divertiti come allora. Bisogna accontentarsi. Sono i tempi, appunto! Per fortuna che c’erano i portieri: sennò sai che noia per gran parte del primo tempo. Di solito la “fortuna” di avere i portieri riconduce a grandi parate, emozioni imperdibili. Stavolta imperdibili sono stati gli errori, emozionanti le papere. Ci vuol poco a rovinarsi la fama e i migliori numeri uno del mondiale stanno proponendosi con puntigliosa efficacia. Visto lo sfarfalleggiamento di Julio Cesar contro l’Olanda, ecco che Muslera e Stekelenburg non ci hanno fatto mancare lo sgorbio d’autore. Due tiri da lontano, ma proprio da lontano e prima Muslera, poi il portiere olandese hanno avuto tempi di reazione da pensionati.
L’uruguagio avrà peccato anche nell’età (il più giovane portiere, 24 anni, che abbia giocato una semifinale mondiale) ma ha commesso un errore tecnico (si è lanciato con la mano sbagliata), oltre alla dormita, e Van Bronckhorst non deve aver creduto ai suoi occhi: realizzando, a 35 anni, un gol da raccontare ai figli. Invece Stekelenburg s’è visto recapitare il bolide di Forlan quasi a portata di mano. Jabulani, Jabulani! Avrà gridato qualcuno. Heitinga potevi toglierti di mezzo, avrà pensato il portiere forse ingannato dal movimento del testolone del compagno.
Il gol di Forlan ha restituito alla partita un equilibrio che le squadre quasi mai hanno incrinato. Gioco lento, preoccupato, poco spazio per tutti. Uruguayani più aggressivi. Olandesi più astuti, attendisti, secondo ultima formula vincente. Partita degna di una semifinale fra due formazioni, anzi due nazioni calcistiche, che hanno atteso per anni e decenni. Insomma nessuno si sarebbe perdonato la mossa sbagliata. Ci sono stati momenti in cui il maestro Tabarez era talmente ipnotizzato da sembrare un afflitto parente sulla tomba del caro estinto. Comprensibile vedendo gli errori di alcuni suoi diletti: Caceres, per esempio, ha spiegato certi naufragi juventini. Uruguay con facce note al calcio d’Italia. Gargano ha tenuto in mano la squadra. Cavani ha riproposto il furore palermitano, ma anche il fumo: comunque ha regalato la miglior prestazione del suo mondiale. Figuratevi le altre! Probabilmente l’assenza di Luis Suarez è stato un beneficio, magari solo per lui. Ma così è stato.
L’Olanda ha atteso i guizzi di Sneijder, ed ha chiesto di risolvere problemi ai “four Fab” (Robben e Kuyt, Van Persie e Sneijder) a cui si è aggiunto Van Der Vaart ad inizio secondo tempo. Per tutti gioco duretto, guardalinee con occhi a spanne sui fuorigioco (sbagliati tre su quattro, pur sempre al millimetro), difese roccaforti, almeno nelle intenzioni. Finchè non è crollata quella dell’Uruguay.
Capirete che se Olanda-Uruguay, nel 1974, segnò un solco nella storia del calcio e ci lasciò negli occhi una indimenticabile Olanda, questa di Città del Capo ha segnato un solco. Ma con il calcio che faceva spettacolo. Questo è stato calcio pigia, pigia, tanto sgomitare e altrettanto correre, senza mai trovare ariosità di gioco, solo un gran affannarsi. Fino al minuto 70 abbiamo cercato la fantasia di Sneijder, ed invece il mondo ha ritrovato la sua aureola d’oro. Neppure Mourinho può sentirsi dotato di uno stellone come il suo. Come ha scritto France Football? Dove tocca diventa oro. E il gol del 2-1 ha confermato: Muslera ingannato da un pallone che ha rimbalzato, come una pallina di flipper, tra lo stinco di Pereira e la gamba alzata di Van Persie (nel solito millimetrico fuorigioco) prima di entrare.
A quel punto si è sciolta anche la debordante prepotenza di Diego Forlan, uno che sa come si porta quel nome. Nel gergo calcistico Diego significa: essere decisivo. Diego tira, para il portiere. É stato l’ultimo guizzo, prima della replica di Van der Vaart, dove Muslera si è sentito forte, e subito dopo gruviera: il gol di Sneijder, la testata di Robben che ha sventolato il the end. Fino al 3-1 di Pereira. Dice la statistica che la rete del pelatone olandese è il gol 2200 dei mondiali.

Ci fu un giorno Johnny Rep che aveva i capelli lunghi e l’argento vivo addosso. Oggi ci sono Beniamino Sneijder e Arjen Robben, due pelatoni con l’argento in tasca e la testa rapata. Così è cambiata l’Olanda, questi gli eroi del nuovo mondo. Che mondo sarà? Lo scopriremo domenica.

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