Equalize e i misteri ancora oscuri. Faccia a faccia Pazzali-Calamucci

Ieri per ore i due principali indagati si sono affrontati al Ros davanti ai pm. L'hacker: "Il presidente sapeva". Lui nega tutto

Equalize e i misteri ancora oscuri. Faccia a faccia Pazzali-Calamucci
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Chi era il vero dominus di Equalize, la società installata a pochi metri dal Duomo e al centro di una vasta rete di spionaggi e hackeraggi? Ieri un interminabile faccia a faccia mette a confronto i due indagati principali dell'inchiesta condotta dal pm Francesco De Tommasi: due, perché il terzo protagonista del caso, l'ex poliziotto Carmine Gallo, è morto mentre era agli arresti domiciliari. Nessun mistero, una tragica conseguenza dello stress da inchiesta. Ma il rischio che su Gallo, non più in grado di difendersi, vengano scaricate tutte le colpe è forte.

Così è la stessa Procura a voler mettere le cose in chiaro, per quanto possibile. E l'unico modo è mettere uno di fronte all'altro i due sopravvissuti: Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera, che di Equalize era il proprietario; e Nunzio "Sam" Calamucci, l'hacker che era il braccio operativo di Gallo, quello in grado di bucare banche dati e apparecchi come il burro. I due sono su fronti opposti. Calamucci sostiene che Pazzali non solo era perfettamente al corrente dei metodi con cui Equalize realizzava i suoi report, ma lui stesso li commissionava per colpire avversari politici o professionali, e per aiutare i propri amici. Pazzali nega su tutta la linea, nel suo interrogatorio del 7 ottobre scorso dichiara "non sapevo nulla del metodo di lavoro illegale dei miei dipendenti, in particolare di Carmine Gallo e di Samuele Calamucci e del loro uso illegale di dati provenienti dallo Sdi", ovvero il cervellone delle forze di polizia: "Per me si trattava di attività lecite e solo dalla lettura degli atti ho potuto comprendere cosa si era ordito ai miei danni". Duro il giudizio su Gallo, "era un amico intimo e fidato, lo ammiravo come ex poliziotto di grande esperienza. Solo dopo avere letto le carte delle indagini ho capito che non era la persona che pensavo". Chi ha ragione?

Alle due di ieri pomeriggio, passando dall'entrata posteriore, Pazzali e Calamucci arrivano nella caserma dei carabinieri del Ros, accompagnati dai loro legali. Al primo piano trovano ad attenderli il pm De Tommasi e il suo collega dell'antimafia nazionale Antonello Ardituro. Oltre sei ore di domande e risposte, per entrambi è una partita cruciale. Dal poco che trapela, si sa che Calamucci non demorde, "lei sapeva tutto perfettamente, era lei a chiedere e a insistere", Pazzali continua a negare. L'ex presidente della Fondazione Fiera sa di partire svantaggiato, perché quando lo hanno interrogato i pm gli hanno detto chiaro e tondo di non credere alla sua versione di alcuni passaggi della vicenda, "la sua ricostruzione appare assolutamente poco credibile".

E anche ieri la situazione non cambia di molto, sul tavolo i due pm hanno intercettazioni che secondo loro dimostrano chiaramente la consapevolezza di Pazzali, Calamucci ha buon gioco per appoggiarsi su quelle frasi. Ma chi sia davvero uscito vincente dal match lo si capirà solo in un prossimo futuro.

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