Erdogan in trionfo al Cairo: «Israele paghi per i suoi crimini»

Israele «isolato dal mondo», «dovrà pagare il prezzo dei suoi crimini»; riconoscere lo Stato della Palestina «è un dovere» anche per lo Stato ebraico; la Turchia è pronta a un attacco militare terrestre nel Kurdistan iracheno «in ogni momento, se Bagdad sarà d’accordo». È un Erdogan sempre più chiaramente impegnato a trasformare la «sua» Turchia nel nuovo faro del mondo islamico quello che è stato accolto trionfalmente al Cairo, prima tappa di un viaggio nelle tre capitali dei Paesi della cosiddetta Primavera araba: Egitto, Tunisia e Libia.
Una folla entusiasta ha atteso per ore all’aeroporto cairota per poter tributare un trionfo al premier turco. E alla riunione della Lega Araba Erdogan ha suscitato molti consensi proponendo la Turchia come «sorella dei popoli arabi» in un nuovo contesto storico che offre molte opportunità. Erdogan porta l’esempio del suo Paese, laico ma musulmano, stabilmente democratico e con un’economia in invidiabile crescita, seconda solo a quella della Cina.
Un progetto di leadership mediorientale basato su una sfida aperta e pericolosa all’ormai ex alleato Israele, che ieri Erdogan ha nuovamente provocato pretendendo scuse ufficiali per l’attacco della sua Marina alla nave turca Mavi Marmara sedici mesi fa, nel quale morirono nove civili turchi. Il premier di Ankara ha sostenuto che il rapporto dell’Onu che giustifica Israele non ha valore e che Gerusalemme avrebbe violato le leggi internazionali. Ha aggiunto che il blocco di Gaza (dove peraltro ha rinunciato a recarsi) deve finire e che in mancanza di questo non potrà esserci nessuna pace.
La sfida a Netanyahu si estende anche al tema dello Stato palestinese: ieri al Cairo Erdogan ha affermato che è doveroso impegnarsi per il suo riconoscimento.

Così facendo il premier turco si mette in rotta di collisione non solo con Israele, che esclude qualsiasi sviluppo che non passi attraverso il negoziato, ma anche con l’alleato americano, che ha già chiarito di voler porre il suo veto all’Onu per impedire una proclamazione d’indipendenza non condivisa.
Ma Ankara pare ormai avviata su un percorso senza ritorno. Lo testimonia l’adozione sui radar militari turchi di un nuovo sistema che identifica navi e aerei israeliani non più come «amici» ma come «nemici».

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