Era un giovane studioso fascista di sinistra, Delio Cantimori, quando negli anni Trenta del Novecento decise di dedicarsi allo studio degli eretici italiani del Cinquecento. Mentre in compagnia di numerosi altri giovani intellettuali sperava che il fascismo finalmente potesse realizzare la «rivoluzione italiana», indirizzò la sua ricerca storica alletà della Riforma. Non si trattava, evidentemente, di una aristocratica «fuga intellettuale» dal presente. NellEuropa del Cinquecento, lacerata dalle controversie religiose, egli voleva invece capire se dentro il corpo della Riforma batteva anche un cuore italiano. Ed era, semmai, a quel battito riformatore che la rivoluzione italiana avrebbe dovuto, secondo lui, guardare. Per farlo pulsare, in qualche modo, ancora nel presente.
Così, quel battito egli lo trova sorprendentemente in quegli italiani - anabattisti, spirituali e aderenti ad altre sette religiose - che erano stati considerati eretici da tutte le Chiese europee. Eretici perfino dalle Chiese riformate. «Ribelli ad ogni forma di comunione organizzata, ecclesiastica» - come spiega lo stesso Cantimori nella Prefazione alledizione di Basilea del 1949 del suo Eretici italiani del Cinquecento -, gli eretici italiani contribuirono, con il loro spirito irrequieto, alla diffusione della Riforma europea. Fuoriusciti dagli Stati italiani, in cui vivevano la triste condizione di «esuli in patria», diventano esuli anche in Europa. Esuli perfino in quella Svizzera «liberale» e tollerante dove gran parte di loro ebbe accoglienza e ospitalità.
Insomma, gli eretici italiani - Fausto e Lelio Sozzini, Celio Secondo Curione, Giorgio Siculo, Jacopo Acconcio, Francesco Pucci e molti, molti altri ancora - paradossalmente sono eretici per i cattolici, eretici per i luterani, eretici per i calvinisti. Eretici per tutte le Chiese, per tutte le comunità religiose. In nessuna delle quali riescono a «sentirsi a casa», a soddisfare, a placare la loro inquietudine intellettuale, la loro febbrile ansia religiosa, il loro indomabile radicalismo sociale.
Nella loro tenace critica dei dogmi - in particolare, di quello trinitario - il giovane Cantimori rintraccia quel «razionalismo critico» che dalla Riforma, senza soluzione di continuità, giungerà allEtà dei Lumi. Quel razionalismo che tuttavia resta enigmaticamente - e confusamente, per la verità - intrecciato ad una escatologia salvifica. Ad un bisogno di imminente redenzione. Non solo religiosa, ma anche sociale. E che indurrà gli eretici italiani «esuli» a prefigurare il sogno millenaristico di un cristianesimo che fa ritorno alle sue origini.
Tuttavia, quel razionalismo curiosamente permeato da unansia apocalittica alla Savonarola, per intenderci, nello stesso tempo favorirà in tutta Europa la diffusione dellumanesimo italiano. Teso alla valorizzazione della libertà intellettuale e della coscienza individuale. Mentre gli altri umanisti che restano in Italia - osserva un po malinconicamente Cantimori - ben presto verranno docilmente assimilati dallo spirito della Controriforma. Perché, a differenza degli «esuli», non avranno né la forza né il coraggio di opporsi al dispiegamento della violenza controriformista. Cosicché, la loro voce verrà ridotta al silenzio e le loro coscienze piegate allobbedienza ecclesiastica.
Eretici italiani del Cinquecento è un libro davvero prezioso per la mole impressionante di documenti fino allora mai studiati, scovati pazientemente da biblioteche e archivi di tutta Europa. Un libro che «non ha ancora cessato di sprigionare il suo fascino misterioso», come annota Adriano Prosperi nella sua Introduzione. Divenuto da subito un classico della storiografia delletà della Riforma. Imprescindibile per chi vuole capire il groviglio inestricabile fra teologia e politica. Tra religione e movimenti sociali. Tra le idee degli uomini in carne ed ossa e il corso della storia. Per chi vuole capire, in definitiva, la formazione dellEuropa moderna. Laica, tollerante, liberale. Impossibile da immaginare, senza quel «mondo sotterraneo» degli eretici italiani del Cinquecento. Un mondo dai contorni indecifrabili per il ricorso difensivo che gli eretici «esuli» fecero alla strategia della simulazione e dissimulazione. Il cosiddetto «nicodemismo».
E che nessuno - non solo gli storici, evidentemente - può ignorare, se intende cogliere lidentità spirituale, politica e culturale dellEuropa moderna e contemporanea.
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