«Pensiamo che le targhe dovrebbero ricordare gli eroi. E che i giovani testimoni della voglia di cambiamento delle nuove generazioni siano altri. Quelli che fanno volontariato. I missionari cattolici che lottano tutti i giorni nel Terzo Mondo, contro ogni ingiustizia. I genitori che vogliono strappare i bimbi dai regimi oppressivi e dagli orfanotrofi dove subiscono violenze. Chi cerca di regalare al proprio prossimo una vita migliore. Più minimalisticamente, anche tutti coloro che ogni giorno - in silenzio - rispettano le leggi, lavorano seriamente, lottano per un micromondo o anche più semplicemente una famiglia migliore. Coloro che magari non predicano la nonviolenza, ma la praticano nella vita di tutti i giorni. Coloro che, in una parola, non vanno in giro con estintori agitati minacciosamente contro i defender dei carabinieri». Ha ragione Lussana nell'affermare ciò. Pienamente. Concordo in tutto e per tutto.
Gli «eroi» in questione - aggiungo però io - non sono coloro che vanno in zone di guerra, di nascosto dei propri parenti, assoldati da chissà chi, a fare servizio di sicurezza e ad arruolarsi in milizie private.Carlo Giuliani non è un eroe, no. Ci mancherebbe. Ma non lo è neanche Fabrizio Quattrocchi. Una frase proferita in punto di morte non fa una persona.
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