Cultura e Spettacoli

EROS&ARTE La malizia di Venere

A Firenze le seduzioni di Afrodite, i miti di Cupido e di Amore e Psiche

Veline, calendari e rotocalchi osé: niente di tutto questo. Ma un eros raffinato, sottile, pungente, capace di attanagliare occhi e animo. Dall’antichità al tardo Ottocento ad esprimere la sensualità per il piacere di un pubblico colto erano immagini di grandi artisti: dipinti, sculture, disegni, gioielli. Opere commissionate e attese, di straordinaria bellezza che, sotto un apparente erotismo, nascondevano simboli, allusioni, significati reconditi non facilmente decifrabili dagli storici di oggi. Basta pensare alla Venere e Cupido di Bronzino, una tela conservata alla National Gallery di Londra, la cui complessa iconografia è stata oggetto di decine di letture. Eseguita dal pittore, a metà Cinquecento, per il re di Francia Francesco I, su ordine del duca di Firenze Cosimo I o di qualche suo influente funzionario, sotto il cristallino amplesso tra Venere e il figlio Cupido, nasconde un’ammonizione contro le trappole dell’amore, i suoi vizi e i suoi eccessi, dalla gelosia all’omosessualità, dalla pedofilia all’incesto.
Visi di giovinetti, gesti di mani, direzioni di frecce, sguardi languidi di qualche santo, rappresentavano agli occhi smaliziati dei collezionisti del tempo preziosi richiami a motivi autobiografici o di cronaca piccante. Fatti da godersi nell’intimità della propria casa, alla presenza di amici. Il Cinquecento è, in questo senso, un secolo emblematico, grazie agli intrecci sofisticati tra arte e letteratura. Ma tutti i secoli hanno avuto il loro eros rappresentato, come racconta la straordinaria mostra «Mythologica et Erotica. Arte e Cultura dall’antichità al XVIII secolo», in corso al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti di Firenze. Ben duecentotredici opere, dipinti, sculture, stampe, avori, e porcellane, provenienti da collezioni private e musei di tutto il mondo, indagano i modi di rappresentare l’eros lungo i secoli e i significati nascosti sotto favole e personaggi del mito. Ottimo il catalogo (sillabe) ricco di saggi e illustrazioni.
Non troviamo la Venere e Cupido di Bronzino, ma un’altra immagine significativa, riapprezzata in questi ultimi anni. Si tratta della Venere e Cupido della Galleria dell’Accademia di Firenze, dipinta intorno al 1533 da Pontormo su disegno di Michelangelo. Una vasta figura femminile dal largo bacino, in linea con i canoni estetici del tempo, è baciata dal grassottello Cupido che le pesta il pube con il piedino, mentre con gli occhi osserva il gioco delle mani della madre, una diretta verso il seno, l’altra tesa sulla freccia: chiara allusione ai guai dell’amore. Ogni dettaglio dell’opera, comprese due vistose maschere, nasconde significati legati alla cultura letteraria delle accademie fiorentine e ai testi dotti contemporanei. Ordinata dal banchiere fiorentino Bartolomeo Bettini per la sua camera, la tavola fu sequestrata dal prepotente duca Alessandro de’ Medici nello studio di Pontormo nel 1534 (su compenso di 50 scudi), fatto che fece andare su tutte le furie Michelangelo, in quel momento ostile ai Medici, per le sue tendenze repubblicane.
Se ci spostiamo indietro fino al II secolo dopo Cristo, ci imbattiamo in manufatti altrettanto rivelatori. Il gruppo in marmo lunense con Amore e Psiche, di proprietà degli Uffizi, ma ritrovato nel 1666 a Roma, ha una particolare grazia sensuale, con quei due profili delicati e le ali che giocano ambiguamente tra sacro e profano. E, a proposito di arte romana, è esposto un grande Fallo leonino del I-II secolo d. C. in marmo bianco, acquistato nel Seicento dal cardinale Leopoldo de’ Medici, un oggetto che andava di moda nell’età imperiale, ma che doveva divertire anche quegli arguti e licenziosi signori. Di capolavoro in capolavoro - e sono tanti - si ripercorrono gusti e storie, in cui il sesso è rivestito di magnifica arte.
mtazartes@alice.it
LA MOSTRA
Mythologica et Erotica.

Arte

e Cultura dall’antichità

al XVIII secolo

Firenze, Palazzo Pitti (sino al 15 maggio), a cura di Ornella Casazza e Riccardo Gennaioli.

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