Cè questa bella abitudine nei giornali: quando si deve commentare un qualsiasi fatto (dalla mamma assassina allecopass milanese, dallestinzione della foca monaca alla bomba atomica pakistana) si chiede al malcapitato cronista di intervistare il malcapitato intervistato. Il malcapitato cronista prende la sua agenda e inizia a telefonare. Di norma la scelta della persona da intervistare non viene fatta selezionando la persona più appropriata a parlare dellargomento in questione, ma sulla prima persona che risponde. Lestenuato cronista dopo una serie di cellulari spenti o momentaneamente non raggiungibili, di scusi sono in auto senza auricolare o di sto entrando in un convegno, riesce a parlare con qualcuno il quale dice la sua. Spesso a sproposito.
Prendiamo il caso Napoli. A Napoli è sempre emergenza. Che sia camorra, che sia discariche, che sia la pallottola vagante di capodanno. Intervistare qualcuno sullemergenza Napoli è come chiedere il parere sullacqua che è bagnata. Però i giornali si devono pur riempire e quindi avanti con lintervista sullemergenza Napoli. Si potrebbero interpellare il questore, il prefetto, il sindaco Iervolino, il presidente Bassolino, il capo della squadra mobile. Se vuoi il parere di uno scrittore, puoi sentire Roberto Saviano, autore del libro inchiesta dellanno (Gomorra, Mondadori), sotto scorta per la denuncia dello sfascio partenopeo. Troppo scontato, direbbe cose troppo sensate. Oppure Diego De Silva (ultimo libro Non avevo capito niente, Einaudi), che sta a Salerno e che bacchetterebbe ben bene Bassolino. Oppure anche lErmanno Rea di Napoli ferrovia (Rizzoli), che se la prenderebbe con le finte inchieste dei finti giornalisti.
Invece si intervista lo scrittore Erri De Luca (vedi Corsera del 2 gennaio), per il solo fatto che è napoletano anche se non ci vive più da tempo. Quindi lo si lascia parlare a vanvera e lui cosa dice? «Mi aspetto che la soluzione arrivi dalla popolazione. Dal basso.
Con o senza laiutino di San Gennaro?
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