Erykah Badu condannata per il video nudo su Kennedy

Comunque la pensino gli americani, con la memoria di John Fitzgerald Kennedy non si scherza. La star del neosoul Erykah Badu ne sa qualcosa, ha voluto scandalizzare nel suo ultimo video, esibendosi nuda nella Dealey Plaza di Dallas (tra l’altro la sua città natale), dove il presidente fu assassinato, e ora paga dazio: 500 dollari di multa e sei mesi in libertà condizionata per la provocazione. Una manna pubblicitaria per la cantante, il cui video Window Seat (tratto dall’album New Amerykah Part Two (Return of the Ankh) è uno dei più visti e chiacchierati del momento e impazza mei tiggì di tutto il mondo. Nella clip si vede la Badu che scende dalla sua auto e s’incammina verso Dealey Plaza togliendosi lentamente - sotto lo sguardo degli attoniti passanti - tutta, maglietta, pantaloni, reggiseno e slippini: quando è nuda come mamma l’ha fatta si sente uno sparo e lei crolla a terra, mentre dal suo corpo esce del sangue blu che forma la parola «pensiero di gruppo».
Voglia di scandalizzare o gran colpo di marketing? Lei spiega: «Non hanno capito il mio messaggio, è una denuncia forte e decisa su come sia facile uccidere qualcuno e, in senso lato, odiare chi o ciò che non si conosce». Lei non è tipa da far troppe concessioni al mercato, e poi il successo non le manca. Due anni fa - dopo cinque anni di assenza dalla scena - con il primo capitolo di New Amerykah è volata al numero due della classifica di Billboard e con il suo soul impegnato (e venato di jazz, r’n’b e hip hop) è tornata ai livelli artistici degli esordi, nel ’97, quando con l’album d’esordio Baduizm fece incetta di dischi d’oro e di Grammy. Le sue ballate ruvide ma al tempo stesso raffinate, che parlano di vita da strada, violenza urbana, bohemienne del ghetto, sono l’alternativa ideale al soul ormai mellifluo di Whitney Houston e alla ragazza di strada - ma trendy - dell’hip hop soul quale era la prima Mary J. Blige. Incide poco ma ogni suo disco fa centro: da Live a Mama’s Gun alle collaborazioni con Lenny Kravitz, le Zap Mama e tantissimi rapper.
Se New Amerykah Part One è lavoro profondamente segnato dall’hip hop e dal taglio politico e sociale (con la collaborazione dei migliori «beatmaker» sul mercato come Madlib, Sa-Ra, 9th Wonder) il recente Part Two è più melodico, introspettivo, romantico.

«Un algoritmo di beat e ritmi» lo definisce lei, che comunque non rinuncia a «colpire» e a sfuggire agli stereotipi delle cantanti nere di successo; in fondo la troppo patinata scena r’n’b americana ogni tanto ha bisogno di qualche tonificante scossone tragressivo. Se poi c’è anche la qualità...

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