Carmine Spadafora
Due delitti oscuri: compiuti in territori distanti luno dallaltro e con modalità diverse, ma accomunati dalla difficile inquadratura da parte delle forze dellordine, che ora si ritrovano tra le mani due omicidi difficoltosi da leggere alla lente delle normali procedure investigative.
Il primo assassinio ruota attorno a un solo colpo di pistola, dritto allocchio sinistro. Un omicidio consumato in fretta, magari dopo un sequestro lampo andato male. Il direttore della filiale del Banco di Sardegna di Orosei (Nuoro), Antonio Pinna di 51 anni, è stato assassinato mentre tornava a casa. Il cadavere è stato trovato dalla moglie e dalla figlia, uscite per cercarlo visto che a tarda notte non era ancora rientrato. La scoperta però è avvenuta soltanto ieri allalba, intorno alle 4.30. Il bancario giaceva a qualche metro dalla sua auto, una Fiat Bravo, parcheggiata a lato di una strada di campagna poco distante dalla statale 125, nei pressi di Orosei. Lo sportello era ancora aperto, come se Pinna avesse tentato una disperata quanto inutile fuga. Allinizio i parenti hanno pensato che avesse avuto un incidente: il volto era ridotto a una maschera di sangue, e la moglie ha creduto che avesse sbattuto sul montante dellauto. Soltanto i rilievi dei carabinieri di Siniscola prima e di quelli del Ris di Cagliari poi hanno fatto emergere la verità: Pinna era stato assassinato con brutalità.
Rimane un mistero il movente, o perlomeno ci sono varie ipotesi al vaglio. «Non trascuriamo alcuna pista - ha spiegato Felice Maselli, comandante provinciale dei carabinieri ma possiamo dire che a Pinna non è stato sottratto nulla e neanche in banca risultano ammanchi». Certo è che la vittima non aveva alcuna ombra, né precedenti che potessero far pensare a un regolamento di conti. Nessun testimone avrebbe assistito allomicidio, avvenuto in aperta campagna.
Se in Sardegna è bastato un solo colpo di pistola, in Campania è stato svuotato un intero caricatore. Lo hanno trovato i carabinieri, accasciato sul sedile di guida dellauto, ormai senza vita e crivellato di proiettili. La morte dellavvocato Maurizio Schiavone, 48 anni, è ora un giallo. Le modalità della sua uccisione somiglierebbero a una esecuzione di camorra: dieci proiettili esplosi a bruciapelo, nella notte tra lunedì e martedì. Ma, a deviare, almeno per il momento, il sospetto che dietro questa morte vi possano essere i clan, è il calibro della pistola: una 22, unarma «piccola», femminile. Dunque, per sapere che cosa sia successo due notti fa, a Dentecane, paesino dellAvellinese, al confine con il Beneventano, è ancora presto per dirlo. I carabinieri del Comando provinciale di Avellino si stanno dando da fare per scoprire movente e assassino di questo omicidio, un fatto insolito per queste zone. Gli investigatori stanno scandagliando nel passato della vittima, un avvocato penalista impegnato spesso a difendere gli esponenti della camorra sannita, quel clan Sperandeo (sgominato tra laltro, da carabinieri e polizia). Ma, è nella vita privata di questa vittima «eccellente», che i carabinieri del Comando provinciale di Avellino stanno scavando. I militari per prima cosa sono partiti dallultima persona che ha visto in vita Schiavone: la moglie. Due sere fa il legale, dopo avere cenato, è uscito di casa dicendo che aveva un appuntamento.
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