Roma«Dal 1994 a oggi sono gli elettori a scegliere il nome del premier che guiderà il governo. Per questo ipotizzare governi tecnici e manovre di palazzo è fuori dalla democrazia sostanziale», dice il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. Che ieri ha firmato una nota congiunta col suo collega della Camera, Fabrizio Cicchitto, per sottolineare che in caso di crisi lunica soluzione è quella di «ricorrere alle urne».
Un altro avvertimento rivolto verso il Quirinale, presidente Gasparri? Non bastavano le polemiche su Bianconi?
«Ribadisco il mio assoluto rispetto per il ruolo e le prerogative del capo dello Stato. Quanto a Bianconi, ho avuto modo di tirargli le orecchie in privato per le espressioni eccessive che ha usato, ma dire che - nellipotetico e secondo me impossibile caso in cui questa maggioranza si dissolvesse - la parola vada ridata agli elettori non mi pare unoffesa per nessuno. Nessuno contesta che il potere di scioglimento delle Camere sia prerogativa del presidente. Ma la sovranità del popolo è un principio che viene ancora prima della Costituzione, perché la fonda. Daltronde, come ben sa Napolitano, i precedenti non mancano».
A che precedenti si riferisce?
«Ad esempio quello del 2008: quando cadde Prodi si andò subito al voto. Nel caso malaugurato cadesse Berlusconi, sarebbe assurdo che qualcuno provasse a formare un altro governo, magari con chi ha perso le elezioni e qualche transfuga di questa maggioranza».
Però ci sono anche importanti precedenti in senso opposto: Dini nel 95 o DAlema nel 98. Li ricorda?
«Certo che li ricordo, e ricordo anche come sono finiti. Come racconta Berlusconi, Scalfaro consultò con lui il calendario, per fissare una data per le elezioni. Poi se ne scordò...».
Scalfaro smentì.
«Ma tra Berlusconi e Scalfaro non ho proprio dubbi su chi menta. Quanto al governo DAlema del 1998, dopo la caduta di Prodi, furono creati dei micropartiti artificiali per dargli una maggioranza, e gli elettori alla prima occasione li hanno cancellati del tutto: i trasformismi non fanno bene alla democrazia. Certo, Cossiga si divertì come un matto a fare quelloperazione, e aveva obiettivi e ragioni molto seri: cera la guerra del Kosovo da sostenere, e il governo Prodi non sarebbe mai stato in grado di farlo. Ma detto ciò, quella volta il centrosinistra sfuggì il voto, e così facendo bruciò quattro leader: Prodi, poi DAlema, poi Amato e infine Rutelli, candidato premier nel 2001. A dimostrazione che a prendere strade traverse e non lineari non ci guadagna nessuno: sarebbe convenuto di più anche a loro andare alle elezioni, col senno di poi».
Insomma, i rapporti col Quirinale sono buoni?
«Con Napolitano ho sempre avuto confronti rispettosi e leali. Ricordo che fui io a fargli notare, quando era ministro, che la norma sul voto degli immigrati nella legge Turco-Napolitano era incostituzionale, e lui riconobbe di essersi sbagliato».
Sta dicendo che se ha fatto uno sbaglio costituzionale una volta potrebbe rifarlo?
«Sto dicendo che nessuno è infallibile».
State tirando tanto per la giacca il presidente perché avete paura che un governo tecnico potrebbe trovare una maggioranza in Parlamento?
«Non credo proprio. Anzi, al Senato lo escludo del tutto. E se per ipotesi assurda si trovasse sarebbe molto facile, regolamenti alla mano, bloccare un simile governo. E manifesteremmo ovunque contro».
Che fa, evoca la piazza?
«Sì, lo so: in questo Paese pare che possano manifestare tutti tranne il Pdl. Se lo facciamo, siamo eversivi. Se lo dice Cicchitto lo accusano di minacciare la piazza. Ho nel telefonino una foto di Cicchitto in sedia a rotelle, quando qualche tempo fa si era rotto una gamba: la spedirò in giro per rassicurare tutti che siamo persone miti e inoffensive, assolutamente non violente.
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