Un esordio in «Bilico» fra il thriller e la prova d’autore

Il primo libro di Paola Barbato, «sorella» impegnata di Dylan Dog, sulle paure e i desideri della sua generazione

Non se ne può più da un pezzo di thriller, come si è per fortuna giunti a tolleranza zero per gialli, noir e amenità consimili. L’esordio di Paola Barbato, Bilico (Rizzoli, pagg. 320, euro 17) si qualifica come thriller addirittura nell’indicazione generica, cui si aggiunge una copertina a sfondo giallo con impronte digitali in evidenza. A tutta prima, un titolo da evitare. Ma le cose son più complicate. Paola Barbato è intanto una enfant prodige del fumetto italiano, da otto anni sceneggiatrice di Dylan Dog e quindi partner di un personalità eccentrica delle patrie lettere come Tiziano Sclavi. La giovane ha inoltre pubblicato una prima versione di questo romanzo sul web, anche se a puntate, modello aggiornato di feuilleton: caso più unico che raro nell’editoria italiana recente. Infine, la giovane scrittrice ha più volte raccontato il suo impegno per l’associazione «Mario Emolo», onlus impegnata nella lotta contro la Corea di Huntington, una malattia neurodegenerativa ereditaria non precisamente all'onore delle cronache.
Il primo motivo d’interesse per questo esordio è di natura extratestuale: vissuto, contesto, biografia dell’autore colpiscono prima del testo. Ma, di nuovo, le cose son più complicate (altrimenti che thriller sarebbe?). Paola Barbato mette in scena Giuditta Licari, una strana specie di anatomopatologa, psichiatra e detective alle prese con un omicida seriale di speciale efferatezza. Somiglianze con Dylan Dog? Senza dubbio, ma qui manca il disegno e la forza è tutta in una scrittura di precisione che si direbbe chirurgica, se non ci fossero di mezzo tanti corpi devastati. In più, ci sono personae fictae la cui devastazione è di ordine psicologico. La prima di questa è appunto la detective-psichiatra Licari, ma poi c’è il fido collaboratore che per lei perde la testa, poi ancora la di lui fidanzata e prima ancora di tutti l’ex ispettore Alessandro, unica storia d’amore di Giuditta, finita o forse anche no.
Non soltanto una teoria quasi infinita di efferatezze, che certo sovrabbondano, ma soprattutto la storia di una piccola comunità umana, che hanno per minimo comun denominatore la ricerca della verità.

È che la verità, come il bello di Rilke, non è che il tremendo al suo inizio; questo almeno sembra pensare Paola Barbato, disegnando personaggi di contorno inquietanti nella loro silente perversione. La scrittrice inizia la sua carriera con un libro-riassunto di paure e desideri comuni alla sua generazione. Un buon esordio, comunque.

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