«Espugnata Milano». Nichi ora si scusa con Pisapia: «Colpa dell'emozione»

Ma il leader di Sinistra e Libertà non si pente dell'altro scivolone in piazza del Duomo: «Sono orgoglioso di aver parlato ai miei fratelli rom e ai miei fratelli musulmani, lo ripeterei perché la fraternità non è negoziabile». Il neo-sindaco l'aveva redarguito: «Meglio se stava zitto»

Primissime crepe nella gioiosa macchina arancione. Vendola piombato a Milano in pieno pomeriggio a mietere il grano della vittoria di Pisapia, ora è andato a Canossa. «Ho sbagliato, ma è stata tutta colpa dell'emozione».
Il suo «scivolone» sul palco non era passato inosservato. Evidentemente fuori di sé dalla gioia, era subito sembrato un po' fuori le riga. «Abbiamo espugnato Milano», aveva esordito il goverantore pugliese, che aveva poi incitato la folla ad «abbracciare i fratelli rom e musulmani».
Secco, ieri il commento del nuovo sindaco di Milano: «A Nichi voglio bene, ma quando si va in una città che non si conosce, più che parlare occorre ascoltare». Bersaglio colpito. Vendola oggi si scusa, con una video lettera indirizzato al «caro Giuliano» sul sito www.nichivendola.it.
«La nostra amicizia - dice Nichi - è nata e cresciuta anche nella comune ricerca delle parole, le parole mancanti ai tanti soggetti smarriti, le parole difficili della libertà e delle dignità, le parole in affanno della nostra umanità.
«Abbiamo lavorato insieme - prosegue - a ripulire il nostro vocabolario da certe oscillazioni semantiche, dalle parole furbe e sporche, dai giochetti di chi capovolge il senso delle cose e usa le parole per manipolare, piuttosto che comprendere. Abbiamo lavorato insieme per bonificare la nostra lingua da quei codici comunicativi di derivazione militare che ci intruppano come soldati, che ci armano di sillabe innescate per colpire, per infangare, per annullare piuttosto che per esercitare discernimento ed accoglienza.
«Per questo - sottolinea il presidente di Sel - ci tengo a dirti che solo l'emozione mi ha indotto ad usare il verbo espugnare per nominare la bella vittoria di Milano. Un vecchio stile verbale mi ha espugnato la genuina intenzione. Non dovevo dire di una felicità come una conquista. I conquistatori, quelli che non fanno prigionieri, sono altri. Liberare era ed e' il verbo giusto, ne' espugnare ne' conquistare.
«Ma qui, su questo incidente lessicale si sta giocando una partita sporca, fatta di parole sporche - insiste Vendola -. Perché per nulla al mondo io sono disposto a considerare ebbre le parole di fraternità nei confronti di ogni essere umano. Sono orgoglioso di aver parlato ai miei fratelli e sorelle rom, ai miei fratelli e sorelle musulmani. La fraternità e' per me un bene non negoziabile. Senza questo punto di riferimento non ha senso cercare la buona politica. Per me, tra coloro che mi hanno insegnato a disegnare orizzonti nuovi, in cui centrale è il primato dei volti e non quello dei voti, ci sei tu caro Giuliano.

E questo legame, intessuto in tempi di sconfitte, non sarà minimamente scalfito nei giorni delle vittorie. C'e' chi ha interesse a farlo - conclude il leader di Sel - c'è chi ci prova, ma tu lo sai, non c'è parola opaca che possa inquinare la prosa anche quella silenziosa dell'amicizia. Con affetto Nichi».

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