Altro che Co2, è un disastro della povertà

Si può solo comprendere Naderev Sano, delegato filippino alla conferenza Onu sul clima in corso a Varsavia. Ha annunciato che digiunerà per chiedere sforzi più efficaci contro il cambiamento climatico.

Ma, togliendo di mezzo ogni scontata e facile solidarietà a chi sta soffrendo, una conferenza di scienziati e politici dovrebbe evitare di farsi trascinare dal vento del tifone Hayan. Il mondo deve mobilitarsi per aiutare le Filippine, ma è sensato sprecare energie a lottare contro macro fenomeni nell'illusione di averli innescati noi e quindi poterli «spegnere» come ventilatori? Ogni foto dalla zona colpita fa venir voglia di urlare «mai più», ma sarebbe, letteralmente, urlare al vento.

A Varsavia il fronte ecologista favorevole alla tesi del «riscaldamento globale causato dall'uomo» cavalca l'emotività scatenata dalla tragedia filippina per chiedere nuove misure contro i gas serra, rei di procurare «meno eventi catastrofici ma sempre più forti».

Ma sempre più scienziati dubitano del legame tra CO2 prodotta dall'uomo e global warming. E la stessa storia delle Filippine lo conferma: se il tragico bilancio dei morti resterà a quota 10.

000, Hayan non entrerà nella lista dei 30 tifoni più distruttivi al mondo. Per fortuna la rappresentante speciale Onu Margareth Wahlstrom trova parole sagge: «Hayan ci fa riconsiderare la relazione tra i disastri e la povertà ». Che non sarà sconfitta da ecotasse e protocolli di Kyoto.

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