Sfumata per due soli seggi (insieme ne hanno 149 su 300) la possibilità di formare un governo bicolore con gli ex rivali socialisti del Pasok, il leader conservatore greco Antonis Samaras ha ricevuto ieri dal presidente della Repubblica Papoulias l’incarico di esplorare altre vie per dare un esecutivo alla Grecia, ma ha presto dovuto rinunciare: la Costituzione gli concedeva tre giorni, ma a questo punto Papoulias passerà la patata bollente a un secondo ed eventualmente a un terzo incaricato, ciascuno dei quali avrà a sua volta tre giorni per ottenere un risultato utile. In mancanza di questo, la Costituzione greca prevede che il neoeletto Parlamento venga sciolto e si proceda a nuove elezioni.
Il potente terremoto che ha sconvolto il panorama politico del Paese non rendeva facile il compito di Samaras né quello di nessun altro. Mentre la Borsa di Atene crollava (-8%) il leader conservatore incontrava il numero uno di Syriza, il partito dell’ultrasinistra che con il 16,8% dei voti ha clamorosamente scalzato i socialisti dal secondo posto, ma solo per sentirsi opporre da Alexis Tsipras un netto rifiuto alla proposta di sostenere un esecutivo di responsabilità nazionale. Poi ha incassato un sì da Evangelos Venizelos, leader del Pasok, e un decisivo no da Fotis Kouvelis, leader di quella Sinistra Democratica sui cui 19 seggi faceva conto per formare un governo filoeuropeo. Ma Kouvelis l’ha deluso, rifiutando il suo appoggio perché pretendeva l’impossibile: la rinegoziazione del patto per il prestito europeo. Affondato Samaras, da oggi toccherà a Tsipras, portabandiera dell’antirigorismo, mettersi alla prova: ma anche le sue chances, orientate ovviamente alla formazione di una maggioranza di sinistra contraria al rigore europeo, appaiono pressoché nulle.
Questo perché i partiti, anche i più impresentabili, che si oppongono alle severe misure di austerità pretese dall’Europa, hanno sì fatto il pieno, ma viaggiano in ordine sparso: oltre al già citato largo successo di Syriza, gli scissionisti del partito di destra Nuova Democrazia «Greci indipendenti» (nati proprio per opporsi ai prestiti europei) hanno preso il 10,6 per cento, i paleocomunisti del Kke sono all’8,5 e i neonazi di Alba Dorata sfiorano il 7 per cento. In totale 132 seggi su 300 sicuramente ostili al rigore chiesto dall’Europa, o per essere più precisi preteso dalla Germania, ma lontanissimi da una qualsivoglia intesa fra loro.
E mentre i politici «responsabili» si sforzano di trovare una via d’uscita praticabile alla pericolosa impasse in cui la Grecia è precipitata, quelli dell’inquietante folklore estremista diventato protagonista si godono la loro ora di gloria. Impossibile ignorare le parole minacciose pronunciate dopo l’approdo in Parlamento con 21 seggi dal leader di «Alba Dorata» Nikos Michaloliakos.
Davanti ai giornalisti perentoriamente «invitati» ad alzarsi in piedi in segno di rispetto per il capo oppure ad andarsene, l’ex ufficiale dell’esercito ammiratore di Hitler ha annunciato «l’era della paura per i traditori della patria» e minacciato tempi durissimi per gli immigrati stranieri in Grecia: «Li butteremo fuori. Come faremo? Usate l’immaginazione». Poi ha ringhiato: «La Grecia è solo l’inizio! E sapete bene cosa voglio dire».
Dietro di lui, in un’inquietante replica delle messinscene fasciste, giovani militanti dalle teste rasate reggevano torce o mantenevano pose statuarie, lo sguardo impenetrabile. Un triste dejà vu in un Paese che nel secolo scorso ha conosciuto due dittature nere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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