Il governo siriano annuncia che userà le armi chimiche non contro i ribelli «ma solo in caso di aggressione straniera». Un chiaro monito alla comunità internazionale che il copione libico non si ripeterà. I combattimenti continuano sempre più intensi e il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, accusa il regime siriano di una repressione che «rasenta la pulizia etnica e i crimini contro l'umanità». Peccato che pure i ribelli non siano da meno. L'agenzia vaticana Fides denuncia esecuzioni sommarie di cristiani e violenze contro i profughi iracheni.
Per la prima volta il governo siriano ammette di possedere arsenali chimici e batteriologici. «I depositi di armi chimiche sono sotto il pieno controllo delle forze armate siriane e non saranno mai impiegati se non per contrastare un'aggressione esterna» ha dichiarato ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Jihad Maqdisi. Il Pentagono replica: «Non pensino nemmeno per un attimo di usarle» neppure in caso di intervento internazionale. «Nessun'arma chimica o batteriologica verrà utilizzata durante questa crisi qualsiasi siano gli sviluppi» ha garantito Damasco riferendosi alla rivolta armata.
Il rovescio della medaglia è che gli arsenali possono cadere nelle mani dei gruppi di insorti legati ad Al Qaida. Per questo motivo israeliani e americani sono pronti a bombardare i depositi chimici e batteriologici o lanciare blitz dei corpi speciali se l'esercito siriano ne perdesse il controllo o provasse a utilizzarli.
Nel frattempo a Damasco i governativi stanno «ripulendo» i quartieri dove si è combattuta la battaglia per la capitale della scorsa settimana. Secondo fonti dell'opposizione le forze di Assad avrebbero «giustiziato sommariamente» almeno 23 giovani fra i 20 e 30 anni. Bashir al Kheir, che sostiene di aver visto i corpi, parla di «numerosi fori di proiettile. Una vittima ne ha 18. Un'altra aveva le mani legate dietro la schiena e qualcuno era in pigiama. Diversi corpi hanno le gambe spezzate e le dita tagliate. In alcuni casi sono stati infilzati dalle baionette». Il ministro Terzi sostiene che «l'esercito siriano sta combattendo una battaglia assolutamente inaudita di massacro della propria popolazione». Dalla riunione dei 27 dell'Unione europea a Bruxelles ha accusato i militari di Damasco di essere andati «ben al di là di qualsiasi altra repressione vista in altri paesi della primavera araba».
Però anche i ribelli non sono dei santi. L'agenzia Fides rivela che gli insorti «stanno seminando il terrore fra i civili nella capitale». I miliziani della Brigata dell'Islam avrebbero bloccato l'auto di un cristiano, Nabil Zoreb, funzionario civile. Poi l'avrebbero fatto scendere dal veicolo assieme alla moglie e ai due figli. E infine li avrebbero uccisi tutti a bruciapelo. Nella parte sud orientale della capitale i ribelli legati ai Fratelli musulmani avrebbero invece attaccato le case dei profughi iracheni saccheggiandole, bruciandole e costringendo i loro occupanti alla fuga. Impossibile verificare con certezza le atrocità. Nel nord del paese la grande città di Aleppo è ancora teatro di duri scontri. Video distribuiti dagli insorti mostrano carri armati che avanzano e poi distrutti. «Il regime sta combattendo per sopravvivere, ma se Allah vorrà alla fine del Ramadan Aleppo sarà nostra» esulta Mustafa Mohammed, uno dei ribelli. Il mese del digiuno islamico è iniziato il 20 luglio e l'impressione è che il governo perda terreno al di fuori dei centri urbani, soprattutto al nord.
A Bruxelles l'Unione europea ha deciso ulteriori sanzioni e i controlli su navi e aerei con carichi sospetti diretti in Siria nei propri scali, porti e acque territoriali. Il premier Mario Monti dalla Russia ha ribadito che la crisi siriana va risolta con un modello di transizione libanese, che non può prescindere da «una partecipazione condivisa di Mosca in seno all'Onu».
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