Ha votato assieme alla moglie Asma al quartier generale della televisione di Stato a Damasco. E proprio la televisione di Stato ha mandato in onda le immagini del raìs siriano Bashar el Assad, mentre esce dall'edificio in un impeccabile completo blu, circondato dalle telecamere. Una folla di sostenitori ripete uno slogan il cui modello, con alcune variazioni, è stato utilizzato per mesi dai lealisti di altri regimi della regione: «Allah, Suriya, Bashar wBas» - Dio, la Siria, Bashar e nient'altro. Ieri, mentre tante parti del Paese erano sotto il cannoneggiamento dell'esercito siriano, mentre le organizzazioni dei dissidenti tenevano il conto dei morti e la Croce Rossa negoziava ancora per l'evacuazione dei feriti da Homs (tra cui due giornalisti occidentali) si teneva in Siria un referendum costituzionale. Secondo il regime il voto di ieri dovrebbe aprire alle riforme. L'abrogazione dell'articolo 8 della Carta fondamentale dovrebbe infatti garantire l'entrata in scena di partiti oltre al Baath, movimento al potere da decenni. Il governo ha annunciato elezioni tra tre mesi.
Per i gruppi dell'opposizione siriana all'estero e per gli attivisti sul campo, il voto è uno scherzo di cattivo gusto. «Una presa in giro», ha detto al Giornale Sima Mazona, attivista siriana che vive a Dubai. «A Homs, Hama, Daraa, Idlib la popolazione è sotto i bombardamenti, come è possibile votare in questa situazione?», dice. Il ministero dell'Interno siriano aveva fatto sapere durante la giornata di ieri che «il referendum sulla nuova Costituzione si sta tenendo normalmente nella maggior parte delle province, con un grande afflusso, a parte alcune aree». C'è una crudele ironia in quel «a parte alcune aree». Gli attivisti del Syrian Observatory for Human Rights contattati ieri dal Giornale contavano in serata 37 civili uccisi e 17 morti tra le forze di sicurezza siriane. Le immagini della tv di Stato dei cittadini ai seggi e i video degli attivisti tra le rovine di Homs, davanti allo sconforto di medici senza risorse, raccontano da sole l'assurdità di un referendum che il regime ha presentato come democratico, usato dalla dittatura come ultimo disperato paravento. «Una manovra cinica», dice il segretario di Stato americano Hillary Clinton, che serve ad Assad «a giustificare quello che sta facendo al resto dei cittadini siriani». Il voto «non è nient'altro che una farsa», taglia corto il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle.
Da lunedì, i dissidenti siriani ne sono certi, nulla sarà cambiato in Siria. L'opposizione, che ha boicottato il voto e chiede l'uscita di scena di Assad, come ha fatto venerdì anche il presidente americano Barack Obama, sa bene che quella che il regime ha definito una riforma costituzionale non fermerà le violenze. A Homs, spiega un attivista al telefono dagli Emirati Arabi, qualcuno ha costruito finte urne per un finto referendum: sì o no all'esecuzione del raìs. Mentre ieri il presidente siriano si dedicava all'esercizio del voto, l'esercito continuava l'offensiva sulla città - bombardata da quattro settimane. Secondo diversi attivisti siriani all'estero contattati ieri dal Giornale, a Daraa e Idlib, due dei centri più colpiti dalle violenze, le forze di sicurezza avrebbero forzato decine di persone a votare, sequestrando loro le carte di identità ai posti di blocco, informando i cittadini che se le rivolevano avrebbero dovuto recarsi ai seggi.
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