Una potente bomba è esplosa ieri a Beirut, uccidendo otto persone, tra cui un alto funzionario della sicurezza legato all'ex premier Saad Hariri e al blocco politico anti-siriano in Libano. La deflagrazione è avvenuta nel cuore del quartiere cristiano di Ashrafieh, a pochi metri dalla piazza Sessine, dove si trovano decine di frequentati caffè.
Una colonna di fumo nero si è alzata dal luogo della detonazione, che ha investito molti palazzi e distrutto i veicoli parcheggiati lungo la piccola via. Secondo le autorità libanesi si è trattato o di un'autobomba o di un ordigno nascosto a bordo di un'auto in sosta.
La strage di ieri, nelle sue modalità, ha fatto riemergere a Beirut i dolorosi ricordi della guerra civile del 1975-90, ma anche quelli del triste periodo delle uccisioni mirate del 2005, quando politici e sostenitori del fronte anti-siriano, come l'ex premier Rafik Hariri, i giornalisti Samir Kassir e Gebran Tueni, furono assassinati allo stesso modo.
Nell'area, ci sono uffici delle maggiori forze del 14 Marzo, il blocco politico anti-siriano guidato dalla famiglia Hariri: c'è un quartier generale delle Forze libanesi di Samir Geagea, leader cristiano; le Falangi della famiglia Gemayel; una sede del 14 marzo stesso. In un primo momento, in molti hanno pensato che fosse uno di questi uffici l'obiettivo dell'attacco. Soltanto in seguito, la televisione libanese ha dato la notizia dell'uccisione di Wissam Hassan, una delle maggiori figure dell'apparato di sicurezza libanese, robusto alleato di Saad Hariri e del suo blocco anti-siriano, a capo dell'indagine che implicava nell'uccisione dell'ex premier Rafik Hariri - padre di Saad - la Siria e il suo alleato libanese Hezbollah, e della più recente inchiesta sull'ex ministro libanese Michel Semaha, vicino a Bashar el Assad. Il 14 Marzo ha subito puntato il dito contro il regime di Damasco. Lo stesso Saad Hariri ha accusato senza mezzi termini la Siria di aver ucciso il generale Hassan. Anche il capo druso Walid Gemayel, vicno a Hariri, ha denunciato il regime di Assad, che ha però condannato la strage, come il suo alleato libanese Hezbollah. Per molti analisti, il conflitto siriano sta progressivamente inghiottendo il Libano. «Hanno fatto tacere Wissam Hassan perché è l'uomo dietro l'arresto di Semaha - spiega al Giornale Andrew Tabler, esperto di Libano e Siria del Washington Institute for Near East Policy - ma ora il Libano rischia d'essere trascinato nel conflitto». Il premier libanese Najib Mikati ha indetto ieri un vertice d'emergenza e invocato l'unità nazionale, mentre nel Nord si registravano già scontri tra la comunità alawita - vicina al regime siriano, - e i sunniti sostenitori di Hariri, che ieri in serata stavano bloccando le strade nella città costiera di Tripoli. Semaha, 67 anni, ex ministro dell'Informazione e funzionario dell'intelligence è stato arrestato il 9 agosto, accusato di trasporto di esplosivo. Come spiega Tony Badran, analista libanese del Foundation for Defense of Democracies, le Forze di Sicurezza Interna libanesi «hanno anche sequestrato i suoi computer.
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