Sul piatto 1.500 miliardi di beni. Parte la corsa per evitare i dazi

Serve un accordo entro l'8 luglio quando scadrà la pausa concessa all'Ue da Trump. Germania e Italia le più esposte, ma anche Washington ha grossi interessi sui servizi

Sul piatto 1.500 miliardi di beni. Parte la corsa per evitare i dazi
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L'ottimismo trapelato a seguito del vertice trilaterale tenutosi ieri a Roma, che ha sancito l'inizio del dialogo sui dazi tra Washington e Bruxelles sotto la regia della premier Giorgia Meloni, allontana lo scenario di un muro contro muro tra due potenze fortemente interdipendenti economicamente. «Entrambi vogliamo un buon accordo che sia vantaggioso per le persone e le imprese su entrambe le sponde dell'Atlantico», ha dichiarato su X la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, dopo l'incontro con il vicepresidente statunitense JD Vance.

Ammontano a 1.500 miliardi di dollari l'anno gli interscambi di beni e merci tra le due sponde dell'Atlantico e la guerra commerciale innescata dall'amministrazione Trump è potenzialmente uno scenario a somma negativa per entrambe le superpotenze. Gli Stati Uniti sono il principale partner dell'Ue per l'esportazione di beni e il secondo per le importazioni, ma allo stesso tempo l'Ue è il secondo partner degli Stati Uniti per le esportazioni e il primo per le importazioni. Se Washington punta il dito contro il grande surplus commerciale dell'Ue sul fronte dei beni (157 miliardi), c'è il contraltare non da poco rappresentato dal surplus per oltre 100 miliardi degli Usa per quanto riguarda i servizi. Vista l'importante posta in palio, appare difficile immaginare che i negoziati andranno avanti a colpi di missive, come prefigurato venerdì scorso da Donald Trump. Il presidente statunitense ha infatti annunciato l'invio nelle prossime due-tre settimane di lettere a molti dei 150 Paesi che andranno a sostituire i negoziati commerciali con i partner con cui gli Stati Uniti non riusciranno a trovare tempo per incontrarsi.

Dal 9 aprile, quando Trump annunciò la tregua di 90 giorni sui dazi reciproci del 20% sui beni in arrivo dall'Europa, sono passati 40 giorni. Il tempo, quindi, stringe e l'8 luglio è il termine ultimo entro cui trovare un accordo per evitare l'entrata in vigore dei dazi. Dal canto suo, Bruxelles dopo la tregua decisa dal presidente americano ha messo in standby le ritorsioni per quasi 21 miliardi su una selezione di beni simbolo dell'export Usa (poi alzati a 95 miliardi nel caso in cui i negoziati fallissero). In caso di mancato accordo le ricadute sarebbero non indifferenti per l'Ue in quanto gli Stati Uniti rappresentano circa il 20% dell'export del Vecchio Continente, con la Germania (161 miliardi nel 2024) e l'Italia (circa 65 miliardi) in prima linea. Proprio Berlino e Roma, esposte rispettivamente al 2,1% e al 2% a livello di Pil agli scambi con il partner a stelle e strisce, sarebbero anche gli Stati che trarrebbero i maggiori benefici da un'intesa piena con dazi azzerati o in area 10%, come successo tra Usa e Regno Unito.

Relativamente all'Italia, l'impatto stimato dall'Istat è di una perdita economica compresa tra 4 e 7 miliardi, a seconda dell'intensità e della durata delle misure. Nel breve, l'Italia può fregiarsi però della qualità del suo export come difesa naturale contro i dazi con tanti prodotti che presentano bassa elasticità al prezzo. Il ruolo giocato dall'Italia come ponte del dialogo tra Washington e Bruxelles può anche tradursi in opportunità economiche. «La presenza dell'Italia al centro del dialogo euro-atlantico è un'opportunità», ha rimarcato ieri il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. L'Italia presenta un interscambio commerciale con gli Stati Uniti di 92 miliardi, con un surplus di oltre 34 miliardi. Considerando il solo settore manifatturiero avanzato (macchinari, apparecchiature elettriche, prodotti chimici), le esportazioni italiane verso gli States hanno segnato una crescita del 12% su base annua.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, il rafforzamento del dialogo tra Usa e Ue può avere ricadute significative in ambiti come la digitalizzazione, la transizione green e la sicurezza energetica, potrebbe favorire l'accesso ai mercati per le imprese italiane.

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